A cavallo delle nuvole, capitolo 3

Capitolo 3
Vivevo intanto con consapevolezza critica la 27esima quaresima consapevole della mia vita , protagonista di una battaglia. Avevo 46 anni, una determinazione assoluta su alcuni fronti, ali dell’esercito invece scoperte agli attacchi del nemico; le mie armi: un amore assoluto per la cultura oltre che alla parola di Dio. Quell’anno il vademecum del percorso sarebbe stata la Lettera ai Romani, ovviamente. La leggevo ogni giorno col senso che le dava un grande del nostro mondo occidentale:Lutero. La leggevo accompagnata da Taubes. Ricordavo in primis il mio maestro Agostino per cui la lettera ai Romani costituì “una luce quasi di certezza capace di disperdere tutte le tenebre del dubbio”1. La Lettera ai Romani un testo di una potenza unica come diceva Martin Lutero nella Prefazione alla sua traduzione del testo in lingua tedesca: <>2. Dovevo ancora avvicinare di soppiatto alcuni testi di un altro Josef, questa volta non Taubes ma il caro vecchio Ratzinger perfettamente consapevole che nell’enorme distanza tra questi tre grandi filosofi c’era forse qualcun altro che avrei ascoltato sicuramente qualora ne avessi potuto prendere nota; ma io non avevo fatto nulla di quanto raccomandava Lutero e dunque dei commentatori della Lettera ai Romani ero praticamente nell’ignoranza più buia. A volte pensavo che Jacob, consapevole della mia superba ignoranza, mi stesse tracciando una mappa, un iter basilare perché riuscissi ad orientarmi nel mondo della filosofia. Ancora non so, ero contenta soprattutto della sua cortesia, riempiva le mie lunghe giornate mentre trascorrevo anche io gli “arresti domiciliari”.

Il libro di Taubes profumava di nuovo, avevo paura a girare troppo in fretta le pagine e, mentre la prima lettura e la seconda furono un pasto vorace, questa terza procedeva lentissima, centellinavo ogni parola e soprattutto ogni nome: era un universo di mondi e di storie che non vedevo l’ora di scoprire. Mi entusiasmavo continuamente leggendo questa libro; “chissà che non possa piacere anche a Lei “ aveva scritto il Professore, ed ora esso mi coinvolgeva nel profondo, apriva orizzonti da sempre spiati e mai indagati, era una meraviglia, come diceva Aristotele: principio del filosofare è la meraviglia! E procedendo ecco, finalmente, un greco! Per associazioni di idee ripensai a Leo Baeck quel grande studioso allievo di Wilamowitz che ogni giorno leggeva tragedie greche, ma aveva secondo Taubes una sensibilità particolare per la Haggadah. Avevo notato Leo poco prima per questo fatto delle tragedie greche; ma Taubes, come ho già constatato, non si era soffermato molto su di Lui; della sua opera Aus drei Jahrtausenden “si sono salvate solo alcune copie. Le altre le mandarono al macero i nazisti”. Avrei voluto leggerle. Pensavo, allora, a quante cose avrò da fare nel regno dei cieli “quando Dio radunerà il genere umano dall’esilio delle religioni” diceva poc’anzi Buber. L’esilio, un leit motiv fondamentale per gli ebrei, forse Martin Buber non si era nemmeno accorto, nella pratica col termine, di averlo usato. Quante volte anche io mi sento in esilio anche se questa bellissima Italia è certo la mia terra., la mia sabbia del deserto, la mia roccia di fondazione, il mio terreno scivoloso, il mio pietroso palpito. Dio ha racchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia. Mi giungevano adesso pensieri di sofferenza alla mente; allora mi chinavo sul libro e lo baciavo, lo stringevo forte dinanzi al dramma dell’ uomo. Avrei voluto anche io esaminare le tragedie greche invece delle cose che avevo letto su Theresiendstadt ma non era più possibile, ora non più.
C’era, poi a pagina 27, Joachim Schoeps. E’ incredibile: a volerlo potrei dedicare ad ogni persona ore ed ore di tempo nonostante la povertà delle mie risorse. Ognuno di loro mi provoca e mi intriga. Questo signore era un filosofo protestante e non era preso molto in considerazione da Taubes e, visto che Lui era la mia guida, anche io feci lo stesso: probabilmente Jacob aveva fretta di arrivare a Martin Buber. Il percorso su Buber durò per circa 2 pagine fino a pagina 29 con l’enumerazione di numerosi altri grandissimi personaggi e con la concentrazione, come abbiamo visto su emunà e pistis. Probabilmente, ne ho sempre più la certezza, questo libro che stringo ora tra le mani, è quello che io avrei voluto leggere dal momento dei miei primi passi ne Cristianesimo. Chissà perché Dio avrà permesso che lo incontrassi solo adesso in profondità, perché avrà voluto tenermi lontana da lui per tutti questi anni, quando avremmo potuto incontrarci almeno 15 anni fa…Buber inoltre non era un nome sconosciuto e forse avrò sentito parlarne. Eppure solo ora, dopo aver letto ormai tutta la Scrittura e cristianamente studiato la storia di Israele e predicato quella parola in chiesa ai battezzati. Chissà cosa vuol dire tutto questo. Tornando a Buber, allora, come dicevamo, egli voleva decisamente porre Gesù al centro della prima fede, la fede positiva, quella di Israele e lo considera a tutti gli effetti un Ebreo; colloca invece San Paolo dall’altra parte, come vedemmo dalla parte dell’altro tipo di fede. Si camminava con il procedere ondeggiando, lasciando e prendendo concetti, incontrando e fuggendo figure storiche rilevantissime. Prima però di una svolta decisiva, Jacob Taubes volle spendere almeno due parole sul suo maestro. Mi parve assolutamente giusto lasciarglielo fare, lo avrei ascoltato con ansia: Il nome atteso era quello di Gershom Scholem che si occupò di mistica ebraica. Mai saputo che esistesse né Gershom Scholem né una mistica ebraica eppure si poteva supporre che un popolo che aveva Dio così vicino potesse essere incorso prima dei cristiani nella mistica! ‘Questa grande nazione è l’unico popolo saggio e intelligente!’.7’Infatti, nessun’altra nazione, anche se è forte, ha un Dio così vicino a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo preghiamo. Dt. 4, 7. Io sentivo che stando vicino agli Ebrei avrei preso tanti doni anche se ne avrei forse offerti altrettanti e che probabilmente non avremmo dovuto aspettare il ritorno dall’esilio delle religioni come diceva Martin Buber evento che, in ugual modo, sarebbe una grande conquista.
Tornando a Gershom Scholem, nacque a Berlino nel 1897 morì a Gerusalemme nel 1982. Un ebreo fin dalla giovinezza convinto sostenitore della religione di Israele, frequentatore dei circoli ebraici di spicco a Berlino, nel 1923 prima dell’orrore nazista migrò in Palestina. Conosceva perfettamente l’ebraico e altre lingue semite. Nel 1933 tenne a Gerusalemme la cattedra di misticismo ebraico. Su di lui anche la poca cultura di wikipedia riporta una lunghissima bibliografia. D’improvviso mi viene da piangere, non so perché, mi avvicino e mi viene da piangere, leggo le parole di Taubes; vorrei abbracciarlo. Chiede il permesso al suo uditorio di leggere la dedica del libro per poter capire qual è la posta in gioco; afferma che nella New Jork di allora, dove il libro fu pubblicato nessuno la capì: <>.

Walter Benjamin…ora so perché mi viene da piangere. Nei giorni e mesi e anni a venire non avrei mai più lasciato la passione che mi travolse da questo momento per Banjamin.
L’eco del suo genio, infatti, non aveva potuto rimanere oscuro neanche alla mia superba ignoranza. Dovevo aver saputo chi era W. Benjamin, avevo sentito il suo nome ma la sua storia, che sapevo nei dettagli solo in questa sede, era ancora più straordinaria della sua particolare intelligenza. Una di quelle persone che non si dimenticano più una volta avvicinatele, un critico letterario e un filosofo anche lui, uno scrittore ebreo, ovviamente, ma qui siamo in un luogo dell’anima mundi particolare.
Nacque a Charlottenburg il 15 luglio1982 e morì a Portbou il 26 Settembre del 1940 . Charlottenburg era una residenza estiva della moglie, che guarda caso si chiamava Carlotta, di Federico III, una residenza estiva che ora è un quartiere ‘in’ di Berlino. Qui nacque il mio amato Benjamin in una famiglia ebraica molto benestante. Il Padre Emil, era un ricco antiquario e la madre, Paula Schönflies, proveniva da un’agiata famiglia di commercianti. La sua origine alto borghese, scriveva all’amico Scholem, non gli avrebbe potuto impedire di appendere la bandiera rossa fuori dalla finestra, financo in questo quartiere di benestanti! A Benjamin seguirono altri due figli: Dora (che morirà a Zurigo nel 1946) e Georg (futuro dirigente del Partito Comunista Tedesco, che morirà nel 1942 nel campo di concentramento  di Mauthausen). Suppongo che tali eventi lo abbiano turbato in modo determinante anche se non ne sono sicura. Chissà cosa ha animato veramente oltre alla paura terribile, la mano che lo portò al suicidio.
Frequentò a Berlino nel 1902 il Friedrich – Wilhelm Gimnasium, da cui però fu costretto ad allontanarsi per motivi di salute. Collaborò con un giornale dal titolo per me stupendo: Der Anfang significa ‘Il Principio’, è il primo termine della Bibbia tedesca! Pubblicò ripetutamente su questa rivista e a questo periodo 1913 risalgono la sua lettura di Aut Aut di Kierkegaard e la Metafisica dei costumi di Kant. Prese il diploma di maturità nel 1912 per iscriversi subito dopo al corso di Filosofia dell’Università di Berlino frequentando però anche i corsi all’Università di Freiburg: sono anni in cui intraprende la frequentazione della Jugendbewengung, un’organizzazione universitaria giovanile con la quale aveva iniziato a collaborare fin dai primi mesi universitari. Degli anni 1914-15 è anche il manoscritto incompiuto di Metafisica della gioventù. Che titolo affascinante! Se avessi potuto leggere questo testo quando lottavo in me nell’oppormi agli adulti che densi e pregni di esperienza non volevano concedere nulla al mio sentire istantaneo e brulicante che mi permetteva già da allora, però, di intuire la vita! Al 1914 risale la sua avversione per le posizioni buberiane per la troppa attenzione posta da costui su Erlaubnis e, sempre allo stesso anno, vanno datati altri eventi di rilievo: la conoscenza con la donna , Dora Kellner che diverrà sua moglie, e il suicidio, 8 Agosto, di un suo caro amico, Fritz Heinle, insieme alla fidanzata: un altro evento che avevamo in comune: un roppo caro amico morto suicida. Della fidanzata e delle ragioni di tale suicidio non sono riuscita a reperire informazione alcuna. Walter continua, intanto, a frequentare Jugendbewengung e compone l’opera ‘Metafisica della gioventù’. Nel 1915 conobbe Gershom Sholem, di 5 anni più giovane: a Gerschom è dovuto un testo fondamentale per comprendere il genio e l’anima di Walter Benjamin: non mi priverò di questa lettura anche se sono povera…costa sei luridi euro. Con Gershom Sholem, infatti, Egli stringerà una profonda amicizia e un saldo legame intellettuale. Scholem, che abbandonerà poco dopo gli studi di matematica e filosofia per dedicarsi allo studio della sua stimata mistica ebraica, favorirà l’avvicinamento di Benjamin agli studi sull’ebraismo e ad un’analisi approfondita del rapporto tra l’ebraismo e la filosofia. A tale proposito si veda il libro di Gershom Sholem: Walter Benjamin. Storia di un’amicizia, Adelphi, Milano, 1992 costa solo 6 euro!lo ripeto.
Nel 1917 sposa Dora Kellner, già coniugata con Max Pollak e da questo divorziatasi proprio per la relazione con Benjamin. Nel 1918 nasce il suo unico figlio, Stefan (che morirà a Londra nel 1972). Nel 1917 legge ‘Filosofia della storia ovvero sulla tradizione di Franz Josef Molitor’. Lo scrivo perché mi sembra che accada, con W. Benjamin, un fenomeno particolarmente grandioso: quando legge qualche libro questo lo modella e lo riempie di materiale fecondissimo che presto saprà a suo modo proficuamente riutilizzare.
Il 27 Giugno del 1919 si laurea summa cum laude in filosofia discutendo una tesi su Il concetto di critica nel primo romanticismo tedesco. Tutt’altro che opera immatura, questo lavoro legge in modo del tutto originale la critica letteraria dei fratelli Schlegel, concentrandosi sul concetto di rispecchiamento (Wiederspiegelung), cioè di un’opera letteraria che sia commento e riflessione sulla letteratura stessa, anticipando così temi propri della letteratura postmoderna. Gli anni dal 1920 al 1927 sono anni di grande impegno intellettuale; scrive, in ordine cronologico un gran numero di opere, Per la critica della violenza, Il compito del traduttore, Saggio su Le affinità elettive  di Goethe e la complessa opera Il dramma barocco tedesco. In questi anni conosce Ernst Bloch il musicista, Franz Rosenzweig che, come il suo amico e collaboratore il filosofo Martin Buber,fu un esponente di quell’ebraismo più aperto al cristianesimo, Theoror W. Adorno, Erich Fromm. Aveva inoltre conosciuto Asia Lacis una regista rivoluzionaria lettone con la quale inizierà un rapporto intellettuale e sentimentale che sarà determinante per la sua decisa svolta in senso marxista e comunista. Nello stesso anno fallisce il tentativo di ottenere l’abilitazione presso l’Università di Francoforte ed entrare così nel mondo accademico. La dissertazione presentata da Benjamin in quest’occasione è il fondamentale saggio che oggi conosciamo come Il dramma barocco tedesco. Magari sarà andato in crisi di autostima non riuscendo ad ottenere quel lavoro e invece!!! Sul fronte letterario si occupa anche di divulgare l’opera della cugina, la poetessa berlinese Gertrud Kolmar che verrà deportata ad Auschwitz nel marzo del 1943 alla quale, proprio in questi anni, dedica diversi articoli e recensioni su alcune riviste.
Nel1928 stringe un’altra importante amicizia anch’essa determinante per la sua ulteriore evoluzione intellettuale: incontra e si lega a Bertold Brecht. A partire dagli anni trenta si avvicina all’Istituto per la ricerca sociale diretto da Max Horkheimer, con il quale i rapporti si faranno più intensi a partire dal 1934. Negli stessi anni si impegna sempre più, oltre che in saggi letterari densi di riflessioni filosofiche (il Leskov, il saggio su Kafka, quello su Baudelaire e il saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica), in un’opera filosofica che, contenuta nelle intenzioni, lo accompagnerà, incompiuta ed estremamente vasta, fino alla morte: il Passagen-Werk.
Ormai stabilitosi a Parigi ove sarà “un ascoltatore assiduo delle conferenze del Collège de sociologie”[1], nel settembre del 1939, allo scoppio della guerra, viene internato in un campo di lavori forzati in quanto cittadino tedesco. Tra la fine del 1939 e il maggio del 1940 scrive le Tesi sul concetto di storia, il suo ultimo lavoro e testamento spirituale. Le Tesi avrebbero dovuto essere l’introduzione del Passagen-Werk, che Benjamin non poté completare e che grazie a Georges Bataille fu nascosto e conservato alla Bibliothèque Nationale[2] ; gli abbozzi sono stati pubblicati in Italia da Einaudi, prima nel 1986 col titolo Parigi, capitale del XIX secolo e poi nel 2000 col titolo I «passages» di Parigi.
Mi si spezza il cuore che per questa opera io non possa ricorrere ad altro che non sia Wikipedia, che non possa leggere quanto egli abbia scritto, la sua tesi sul romanticismo, i saggi politici, il libro sull’amicizia, il libro di Gershom Sholem: e che dire dei libri per bambini! Conobbe la creme della cultura della prima metà del novecento. Varie vicissitudini lo portarono a trasferirsi dalla Germania a Parigi e poi nel fatidico 14 Giugno del 1940 Parigi fu occupata dai nazisti. Benjamin fuggì verso la Spagna nel tentativo di varcare il confine per raggiungere una località di mare e imbarcarsi verso gli USA dove già si erano rifugiati i suoi amici dell’Istituto per la ricerca sociale, tra cui Theodor W. Adorno.
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Appena uscita dagli arresti domiciliari leggerò tutto di lui perché la mia anima ne ha bisogno. Sono stata letteralmente affascinata da Benjamin, mi ha tolto il fiato, mi ha sospeso il cammino, mi ha fulminato. Ora ho completamente bisogno di lui e noi invidieremo Ghershom che fu suo amico e la donna che un uomo così ha amato. Forse se ci fosse stata lei a suo fianco, chissà. Ma io do troppa importanza ai sentimenti. Intanto Stefano Bollani e il suo piano jazz accompagnano le mie note su Walter. Nessuno avrebbe potuto scortarmi meglio. Nel momento in cui scrivevo ascoltai un pezzo che si intitola Capricos do destino. Sono sicura che l’ha ascoltato anche Benjamin un pezzo simile, se non lo stesso. Glielo dedico comunque con tutta la mia amicizia. Forever.

2 pensieri su “A cavallo delle nuvole, capitolo 3

  1. “Quando Dio radunerà il genere umano dall’esilio delle religioni”. Che bellissima e potente espressione da parte di Buber.
    Religioni diverse, a volte correnti della stessa religione che si mettono in contrapposizione senza conoscere l’immaginario e la ricchezza degli altri, anche solo la lunga ignoranza e la semplificazione al luogo comune (quella, che nel mio caso specifico per esempio, mi accontenta e mi basta, non sapendo nulla di mondi ricchi come l’islam, il buddismo, Israele), mi fanno pensare a una specie di volontario confino collettivo dei popoli, ciascuno nel suo steccato, nel suo cimitero, nel proprio suolo (proprio ora nell’era di Internet) .
    Il viaggio interiore che descrivi è così denso e così intimo e personale che mi limito alla frammentaria e selettiva risonanza di piccole schegge conservando la sensazione intensa, emotiva, viva della tua esperienza.
    Di fronte alla ricchezza di certe tue parole e alla caratura dei tuoi compagni di viaggio, di fronte anche per me lo ammetto, alla difficoltà di intendere tutto ciò che scrivi.

  2. Cara Mari sai, è molto tempo che non procedo con il libro di Taubes…io continuo però a camminare con loro perchè mi accompagnano sempre specialmente Benjamin da cui non riesco pià a distccarmi. Ora poi che ho scoperto quale filosofo della storia fossse, il mio attaccamento a lui è divenuto sempre più forte e radicato….mi rotolo nei suoi pensieri, mi stendo e mi distendo su di essi. Me lo stavo godendo davvero peccato che …la biblioteca ha rivoluto il libro.
    ci vediamo tra poco alla cena dei pezzi da 8.

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