Gorino, Diogene e Leopardi

Fate poco, ma che il poco sia molto
e che il molto non sia poco

(Vittorio Gorini, Libero pensatore)

 

Vittorio Gorini è entrato a forza, ma con dissacrante irriverenza, nella storia indelebile di Perugia. Si autodefiniva il libero pensatore, aveva vissuto di espedienti inclusa la borsa nera in tempo di tesseramento e di lavoretti da fabbro e tuttofare , vantava otto anni in galera e viveva la vecchiaia percependo la misera pensione di 134000 lire. Indimenticabili le sue messe in scena eccentriche quando attraversava Corso Vannucci a bordo di trabiccoli come l’autogabinetto, mentre resta ancora una miniera da finire di esplorare il patrimonio in VHS di oltre 300 ore di registrazione autoprodotta. Le sue apparizioni e la volontà di dire la sua lo hanno reso un mito locale.

Aveva frequentato solo la prima e la seconda classe elementare (entrambe ripetute per tre volte). Esibiva una saggezza a suo modo incontaminata e al tempo stesso immersa nell’antico piglio perugino del vecchio sentenzioso e irriverente, nel suo caso anche precario e mobile. Infatti i suoi veicoli, per metà mezzi di trasporto e per metà rappresentazione di una casa ambulante, mi fanno pensare alla botte leggendaria di Diogene Laerzio, che snobbava la ricchezza e ad Alessandro Magno chiedeva di cedere il passo alla luce del sole più desiderabile della regale ombra, che era critico, irriverente, anticonformista, provocava il quieto vivere indicando come esempio il cane che svolge le sue funzioni fisiologiche in pubblico.
Anche Vittorio Gorini ha qualcosa del filosofo. Libero era sicuramente dalla consuetudine dei benpensanti. Lo si potrebbe quasi considerare anche un antesignano della sostenibilità e della decrescita felice  in tempi non sospetti, oppure avvicinarlo al pessimismo arguto di Leopardi nella teoria del sogno.
“Sarebbe come in un sogno… se uno sogna d’averci un chilo de marenghi, n’altro amico mio ne ha sognato due. Nel risveglio chi c’ha più dolore?”. Come a dire che tanto più soffre l’uomo quanto più i suoi desideri che si liberano nel sogno si discostano dalla sua finitezza del reale.

autogabinettoMa veniamo ai suoi mezzidi trasporto, l’autogabinetto, il letto, Erano tutti una sintesi esibita portabile e portante, della casa museo del Gorino, purtroppo perduta, ma che qualcuno ha avuto la fortuna di visitare. L’ibrido delle tante parti per il tutto in poesia è figura chiamata metonimia (uno sberleffo del Gorino qui me lo sarei tirato addosso volentieri) . D’un colpo e senza filtri di sovrastrutture culturali rappresentava tutto in uno l’uomo, l’inventiva e la facoltà di ingegno, le sue funzioni di base, dormire, mangiare, spostarsi, rendere le quotidiane deiezioni alla terra. Curioso e da continuare a scoprire.

Mi fa riflettere. Dato che tendo sempre a fare molto, spero che alla fine il molto non sia poco…

Note in margine alla lettura  del libretto “Fate poco”  di Angelo Fanelli.
*Ho invertito il turno con Tiziano che questa settimana non poteva pubblicare.

4 pensieri su “Gorino, Diogene e Leopardi

  1. ……da uno dei suoi filmati auto prodotti da casa, una battuta tagliente ed universale, data al suo vicino di poltrona che al cinema mangiava i pop corn ed in più voleva chiacchierare durante il film ” ma l’avre da capi da solo ch’è rotto i c…… ”
    Grazie Mariangela di aver ricordato questo cittadino di Perugia così unico che, molti Perugini affetti da peruginitá tolleravano storcendo la bocca.

  2. Il mio ricordo personale del Gorini.
    Quando arrivava in Centro, con i suoi letti motorizzati o lambrette modificate, portava allegria tra la gente e cibo per i suoi amati piccioni. Si fermava volentieri a parlare con tutti; distribuiva i suoi biglietti da visita (purtroppo l’ho perso). Sparava le sue sentenze.
    Si autodefiniva un “libero pensatore” e non era molto simpatico ai potenti, che in questa città non hanno mai amato gli spiriti liberi. Piaceva però al popolo, per quella sua carica anarchica e un po’ folle, che rompeva gli schemi. Nei suoi ragionamenti, a volte simpatici, a volte saggi, a volte sconclusionati, si esprime un vitalismo che non è possibile separare dal suo corpo, dalla sua voce e dalle sue espressioni facciali. Il suo dialetto è un grammelot da far invidia a Dario Fo…
    Di sicuro, e il tuo post Mariangela lo conferma, ci ricorderemo più di lui che dei “grigi” potenti che lo hanno criticato…

  3. Dice il Gorino: “Chi non fa male è bene MA chi non fa bene è male”.
    Mi è sempre piaciuto. Mi sembra che voglia dire di essere attivi, e non solo stare ad aspettare quello che fanno gli altri. Io, almeno, lo interpreto così.

  4. Gorini è stato una persona rara, di una libertà interiore e di una umanità esemplari; ironico, scanzonato, profondo, tenero e incisivo. L’associazione “Libero Pensatore” ha prodotto un documentario bellissimo su di lui, se non ricordo male lungo un’oretta, con alcuni pezzi delle sue oltre cento videocassette autoregistrate, proiettato al S.Angelo qualche tempo fa. Sarebbe bello, e importante farlo conoscere nelle scuole di Perugia, come intitolargi una via nella zona di Porta S.Angelo. Molti che non lo conoscono a fondo si limitano al suo aspetto di macchietta grottesca, per molti versi simile all’ “Uomo luce” di Terni, ma la realtà è molto diversa.

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