La scuola e …il tempo residuo

Mi spiaceva non riuscire a scrivere delle riflessioni, dei pensieri che non sono riuscita a scrivere la volta scorsa. Voglio onorare il mio impegno nel tempo residuo estremamente esiguo che mi rimane alla fine della giornata. Non è solo un impegno nei confronti degli eventuali lettori ma lo è anche nei confronti di me stessa. Un atto di volontà per me non da poco. Pensavo di scrivere un articolo un pò “dotto” ma non ne ho né il tempo ma soprattutto la voglia. In realtà quello che mi piace condividere con voi sono alcune riflessioni sul “senso”. Una parolona che cerco però di semplificare.

Il senso di cui parlo è il senso del mio nuovo lavoro, che non è più quello di insegnante ma quello di dirigente scolastico. Fatico molto a trovarlo questo senso spesso smarrita tra bandi di gara, circolari sui pidocchi, conntratti di assunzioni e chi più ne ha più ne metta. Mi chiedo spesso: che cosa ha a che fare tutto questo con l’educazione? Direi nulla, anzi lo affermo con certezza. Questo senso di smarrimento prima non lo provavo. Basta che entravo in classe e i bambini mi trasportavano in un altro mondo: il loro. Ed io interagivo con i loro visi, con i loro occhi e scoprivo gesti, sorrisi e una spontaneità in me che mi emozionava. Devo molto ai bambini. E’ un dono stare con loro. E’ una vera e propria seduta di psicoterapia gratuita.

Tuttavia ci sono anche ora dei bel momenti. Tipo quelli di  oggi pomeriggio. Una conferenza organizzata dalla mia e altre scuole in rete nella quale non si è parlato altro che di insegnamento incentrato sui ragazzi. Sembra una cosa ovvia che ogni rapporto di insegnamento/apprendimento debba porre al centro il ragazzo e le sue peculiari modalità di apprendere. Ma sappiamo tutti bene noi addetti ai lavori che questo non accade spesso, anzi quasi mai. Ecco, il”senso” del mio lavoro non può che essere quello di contribuire a far sì che dei bambini possano venire sereni a scuola e trovare nelle classi un clima bello, che li faccia stare bene. Questo prima di ogni apprendimento. Oltre le burocrazie, magari attraverso di esse, forse un giorno potrò riuscire a incidere sulla vita di un bambino!

Ecco, questo molto semplicemente darebbe  un “senso” a quello che faccio. In fondo cari amici vi ho utilizzato per biechi scopi personali, quelli di chiarificarmi e fissare per iscritto i miei buoni propositi. Questa sono ora! Chiedo venia.

 

4 pensieri su “La scuola e …il tempo residuo

  1. Ti capisco. Questo lavoro sporco qualcuno lo deve fare, ma forse c’è modo per ridurlo. Che senso ha che un DS debba passare ore a firmare di suo pugno centinaia di schede di valutazione in doppia copia? Forse l’intelligenza e la tecnologia possono aiutarci a limitare l’eccesso di burocrazie, forse un sistema più collaborativo di responsabilità più diffuse e condivise, ma ci vuole anche la disponibilità dei dirigenti e di chi amministra a mollare un falso potere… magari a qualcuno dei tuoi colleghi insomma piace… che dire.

  2. Ieri Daniel Pennac al teatro Morlacchi.
    Parla anche di scuola e di come lavorare da insegnanti evitando ai ragazzi la paura della scuola. Parla dei suoi romanzi e tocca nel profondo con semplicità e passione. Parla della difficoltà dei docenti di oltrepassare la barriera di desideri che si innalza davanti a loro nei giovani consumatori afflitti da bisogni indotti da pubblicità.

    Una cosa che manca e che i dirigenti possono fare è organizzare incontri con intellettuali significativi del mondo culturale, filosofico, scientifico, di quelli che possono diffondere i valori della costituzione.
    Un mio ex collega, ora dirigente, mi ha invitato l’anno scorso a una conferenza da lui organizzata a scuola su “I giovani per Pasolini, Calvino e Manganelli”. Una volta ho assistito all’intervento di Gherardo Colombo in un altro istituto superiore sui valori della costituzione e so che ci sono due anni di lista d’attesa per ricevere la sua visita (siamo in attesa con la mia scuola).

    Sono eventi rari. Sarebbero da moltiplicare, bisognerebbe, che più dirigenti con l’autorevolezza del ruolo, chiedessero a personaggi di spessore di venire a parlare ai giovani e ai genitori.
    Questo al ruolo burocratico può dare molto senso secondo me e nei bandi di gara, tra le pieghe dei regolamenti, forse ci sono spiragli anche per questo.

  3. Immagino che sia stato bellissimo sentire Pennac. Sapevo del suo incontro ma ero fuori. Sono assolutamente d’accordo con te. Quest’anno cerco di sopravvivere e capire il mestiere . Il prossimo anno spero di poter fare qualcosa che io reputo significativo. Grazie per gli spunt

  4. Un altro piccolo spunto.
    Penso che i diversi “soggetti” sociali (le scuole, le famiglie, le istituzioni, altri nuclei sociali; e uso il plurale non a caso) debbano uscire dalla autoreferenzialità. Ossia “devono” (o “possono”) imparare a lavorare insieme, condividere e cooperare.
    La “crisi” del nostro paese dipende anche da questo. Per carità, non voglio dire che non sia importante ad es. l’autonomia amministrativa della scuola. Ma questa “autonomia” per essere vitale ha bisogno di uno scambio continuo con ciò che avviene fuori.
    Per ciò ben vengano giornate di incontro e di confronto, che pongano l’esigenza di fare meno circolari, sgravare la burocrazia e migliorare contenuti e programmi. Mettendo la persona sempre al centro!

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