Di mia nonna e altri ricordi

Mia nonna Angela era nata nel 1903, proprio lampionementre in Italia iniziava l’età giolittiana.
La Belle Epoque di casa nostra vedeva accendersi le prime luci pubbliche per le strade. Infatti lei a undici anni andava a mettersi sotto al lampione per la strada per portare avanti il suo lavoro a maglia, si confezionava ai ferri le calze della festa, credo fosse per la prima comunione. L’elettricità in casa sua ancora non c’era. A scuola le suore il venerdì facevano osservare la vigilia alle alunne e controllavano scrupolosamente che nel magro portapranzo fornito dalle mamme, non ci fossero cibi o grassi animali proibiti che altrimenti venivano requisiti. Nella pagella elementare una delle sorprendenti voci di valutazione era “Lavori donneschi”, e non mancava naturalmente la bella scrittura ovvero “calligrafia”.
Lei era la più grande di sette figli in una famiglia in cui c’era da fare fin da piccoli e, a dire il vero, si restava piccoli per poco. Mentre la sua mamma dava alla luce il fratellino ultimo arrivato, lei era incaricata di fare il pane, sempre all’età di undici anni.
Frequenza elementare: quattro anni, vago avvenire che in mente aveva: fare la quinta e poi le scuole medie o l’avviamento professionale e magari diventare ostetrica. Ovviamente non sarebbe stato semplice per una donna e infatti si dovette accontentare di fare la sarta. Durante la guerra e negli anni immediatamente successivi cuciva in casa anche di notte. Se i capi che consegnavano non erano giudicati perfetti dal committente, le sartine se li vedevano  ritirati e non pagati.
Le storie che raccontava a noi nipoti erano affascinanti e mi rammarico di non aver preso che qualche scarna nota.
Non avevo voglia di un post intellettuale. La vacanze e i ricordi natalizi dei parenti mi hanno risvegliato il desiderio di far riaffiorare le memorie. Mi piacerebbe sentirne raccontare anche d’altri.
Chissà quanti ricordi tra tutti noi abbiamo serbato e tramandato oralmente. Sarebbe bello scriverli e accompagnarli con foto.
A proposito… c’è in corso la mostra “La memoria nei cassetti” al Palazzo della Penna. Ho visto solo il catalogo e sicuramente è un’esperienza interessante.
Mi è sempre piaciuto passeggiare nei mercati del modernariato e guardare gli oggetti, sfogliare libri che sembrano avere ancora addosso le voci e i rumori del passato prossimo dei nonni e dei bisnonni.

4 pensieri su “Di mia nonna e altri ricordi

  1. Cara Mariangela, in effetti i ricordi sono molto importanti. La nostra identità è formata dal “ricordo” che abbiamo di noi; ed è forse l’unico modo per capire chi siamo.
    Fissare i ricordi sulla carta, raccontare di sé, può essere un modo per passare a nuove fasi della nostra vita. Raccontarsi, per lasciare il passato alle nostre spalle. Ogni tanto cerco di farlo. Non tanto per narcisismo. Ma perché mi serve, per rendere più fluida la mia vita; per svuotare la mente da pensieri ed emozioni, che altrimenti rimarrebbero inespresse e mi seguirebbero come ombre.
    Oggi, ho un’ambizione. E se mi potessi ricordare di vite passate?

    • Quando giro per quei mercati mi piace fantasticare ricordi come di vite d’altri sconosciute ma così quasi ancora vive e sonore a saperle ascoltare, vite passate che dche stanno nascoste ma presenti come desiderassero essere chiamate alla narrazione, come romanzi. Scrivere … chissà che non assomigli a questo.

  2. Bella la suggestione di entrare nelle vite degli altri attraverso ricordi, storie, stoffe, profumi, immagini …Alcune di queste vite si intersecano con le nostre, altre le sfioriamo appena. Anche io in questo ultimo periodo sento in modo palpabile quanto la mia esistenza sia connessa con quella dei miei genitori e oltre molto oltre, avi, generazioni ormai lontane. Forse possiamo entrare a far parte di questo pianeta solo appropriandoci delle nostre memorie, delle nostre storie piccole, senza ambizioni, magari routinarie.

  3. Bella e difficile questione quella dei ricordi. Costituiscono la nostra identità, e su questo sono d’accordo. Eppure ci sono cose che a volte sarebbe utile dimenticare, e altre che non possiamo ricordare, e neanche dimenticare (e qui la questione si fa intricata)… difficile trovare l’equilibrio, un po’ come nuotare in mare aperto, ma senza annegare (“…fossi stato un po’ più giovane, l’avrei distrutto con la fantasia…”).
    I miei nonni li ricordo bene (i tre che ho conosciuto, uno è morto prima che io nascessi), e mi ricordo anche una bisnonna, la nonna Elvira. Rimpiango un po’ di non averli conosciuti meglio e di essermi lasciato un po’ “spaventare” (da bambino) dai loro modi bruschi, da gente abituata al lavoro duro dei campi (e non solo).
    Oggi ho io l’età per essere nonno, anche se non lo sono, e mi chiedo se quello che passo alle nuove generazioni (concetto abusato, ma non so come dirlo altrimenti), di idee, principi, valori (altri concetti fuori moda) e, soprattutto, di comportamenti (forse l’unico concetto valido), sia utile o non sia solo l’insieme delle fisse di un quasi anziano.

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