Il Capoclasse e l’anitipolitica

Massimo Fini, nel Fatto Quotidiano del 3 novembre, analizza l’astensionismo siciliano come un dato di delegittimazione della politica tradizionale e scrive “un italiano su due non crede più alla democrazia rappresentativa”.
Si parla diffusamente in giro, e non solo in questo articolo, di Grillo come di colui che potrebbe portare la nuova politica dall’era rappresentativa a quella della partecipazione. Prospettiva alquanto pericolosa dal punto di vista, oserei dire, della filosofia politica. Provo a spiegare perché raccontando un episodio di vita scolastica. Scuola media, classe terza, livello di conoscenze basso, molti stranieri, molti dislessici, alcuni pluriripetenti, un alunno con legge 104, tre degli alunni senza i mezzi economici per comprarsi i manuali scolastici (viva l’era dell’ebook, per tutti?). L’insegnante sta parlando della nascita dei partiti di massa nell’Ottocento e così decide di trattare con i suoi alunni il concetto di rappresentanza. Confronta la democrazia diretta degli ateniesi con le democrazie moderne rappresentative. Per dare risalto concreto al concetto di rappresentanza, l’ottimista prof decide di indire le elezioni del rappresentante di classe (alla scuola media non esiste una carica del genere tra gli organi collegiali, ma tuttavia l’esperienza, secondo la docente, può avere qualche utilità per arrivare a innescare una comprensione empirica del concetto di rappresentanza e partecipazione attraverso un rappresentante, appunto, scelto dalla classe). La docente invita gli alunni a candidarsi, alcuni non si propongono, altri si fanno avanti con tanto di programma politico che va da un eversivo “niente compiti” a un fiducioso “più impegno” (forse un po’ accondiscendente verso l’insegnante speranzosa). Si passa alle votazioni (spiegazione del perché dello scrutinio segreto e quant’altro, eccetera). Il bello viene quando si chiede ai ragazzi di elencare le deleghe da affidare all’eletto (per la cronaca, ovviamente, vince il candidato “niente compiti”). Dalla discussione aperta in classe emerge che l’idea che i ragazzi si sono fatti della rappresentanza è la seguente: per prima cosa non c’è verso alcuno di chiamare il neoeletto con il titolo di ‘rappresentante di classe’, per loro è il ‘capoclasse’ tout court e quando si va ad analizzare quali siano le prerogative di questo vincitore secondo i suoi elettori, la definizione che ne dà un’alunna delle più bravine è: “il capoclasse è colui che prevale (sic) sugli altri cioè è conosciuto da tutti e tutti lo ammirano, quindi lo riconoscono come il più simpatico” (sempre per la cronaca l’alunno in questione non fa mai i compiti e è uno dei pluriripetenti). La ragazza prosegue con le prerogative e dice che “il capoclasse ha alcuni privilegi e può fare alcune cose che gli altri non possono fare come andare a fare le fotocopie e andare a prendere il televisore dalle bidelle, ha anche il privilegio di decidere a chi può affidare questi compiti quando non li svolge lui direttamente e quando i prof non ci sono scrive alla lavagna i nomi di chi non si è comportato bene”. A parte i nomi alla lavagna, di stampo ottocentesco, il sapore è quello della società di un nuovo ventennio. Non c’è bisogno di un sociologo per capire.
E’ sempre una bella sfida coinvolgere i ragazzi nel concetto di rappresentanza e mettere in moto sane pratiche per avviarli a essere cittadini critici e consapevoli dei propri diritti e di come esercitarli attraverso discussione, contrattazione, argomentazione, voto . Ci sono state per anni nelle scuole le significative esperienze dei consigli comunali dei ragazzi (finché i comuni avevano un minimo di risorse, al momento tutte tagliate).
Ai miei ragazzi non attribuisco responsabilità dell’incomprensione (tra l’altro il pluriripetente da quando è, ahimé, capoclasse, mostra segni di maggior responsabilità). Questa visione della politica la respirano dalla nascita, il ministro dell’istruzione ha persino preso una bufala di ignoranza micidiale con la storia del tunnel e nessuno ne ha messo mai in dubbio il ruolo politico. Sfido io che abbiano un po’ di confusione. Abbiamo assistito per un ventennio a questo: la perdita del concetto di rappresentanza sostituito con quello di privilegio del più popolare (benché o forse purché palesemente ignorante) ma dotato di mezzi per mettersi in mostra e per elargire parte dei suoi privilegi (vitalizi inclusi) a persone ancora più insignificanti e ignoranti, incapaci di offuscare il suo primato.
Tornando all’articolo di Massimo Fini, la perdita di fiducia non è ancora il peggio che ci possiamo aspettare, che invece sta nel rischio che le giovani generazioni perdano il filo di continuità con l’essenza stessa della democrazia, sarebbe grave l’avvento dell’idiozia che la partecipazione possa esservi senza rappresentatività responsabile, senza preparazione, come se un clic da liker su facebook potesse essere tutta la partecipazione richiesta (senza nulla togliere al potenziale innegabile della rete che in molti casi ha permesso risultati anche politici, vedi referendum sull’acqua).
Per concludere: svalutare la politica insieme a chi l’ha fatta male può diventare pericoloso, i ragazzi ci guardano e ci ascoltano, i ventenni volano e i ragazzi crescono.

Un pensiero su “Il Capoclasse e l’anitipolitica

  1. Se i ragazzi delle medie non votano, un motivo ci sarà. Certamente ci sono adulti che sono irresponsabili quanto i ragazzi delle medie, ma non si sa bene chi sono e in ogni caso sarebbe troppo pericoloso (per la democrazia) impedirgli di votare.
    Riguardo a Grillo, io non sono grillino, ma non ne ho paura. Non so se la democrazia diretta a tutt’oggi è possibile, ma sarebbe comunque auspicabile. I dogmi li ammetto solo per il cristianesimo, religione rivelata e i modi di fare politica non li ha rivelati Dio.
    Che Grillo abbia poco da proporre è certo. Ma è naturale: nel suo movimento bazzicano persone di tutte le correnti politiche, dalla destra alla sinistra. Le cose che propone Grillo, però, sono chiare e, se dovesse governare, penso che le attuerà. In questo lo credo onesto e sincero.
    Il bello del programma di Grillo è che le proposte più interessanti che fa non sono quelle per costruire, ma quelle per abbattere. E non è poco, visto che ormai, se si vuole uscire da questa situazione, occorrono riforme drastiche, per applicare le quali si deve fare piazza pulita di sperperi e sprechi, che favoriscono solo i ricchi a danno dei poveri che, in quanto tali, con la crisi, hanno sempre meno spazi per partecipare alle grande abbuffata.
    Un voto di protesta per me è legittimo: se voglio protestare, perché non farlo anche attraverso un voto?
    A scanso di equivoci: se si presenta Magdi Allam, avrà il mio voto.

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