Per me moltissimo fa differenza poter vivere in un paese dall’aria relativamente sana. Una volta uno studente adulto di Hong Kong mi faceva notare che se ci sei immerso dentro in una terra come l’Umbria, ti sembra normale respirare aria pulita, così come dovrebbe essere invece per tutti. Eravamo ad Assisi e lui diceva che, per certo, il più grande piacere che provava in quella vacanza studio, era poter vedere il cielo terso sull’orizzonte del nostro paesaggio e respirare aria pulita.
Tra le tante sperequazioni planetarie si può includere anche questa, che spesso diamo per scontata tra i privilegi di cui godiamo in questa regione. La qualità dell’aria e la presenza di verde da noi, non è esente da minacce e da peggioramenti, il cuore verde d’Italia è ultimamente un po’ bistrattato e rischia di collassare sullo slogan retorico, ma si respira pur sempre bene e si vede molto azzurro e verde rispetto ai grandi agglomerati urbani del mondo.
La qualità dell’aria è uno dei quattro parametri su cui si basa la FIL, Felicità Interna Lorda. Gli altri tre sono salute, grado di istruzione e qualità delle relazioni umane. L’indice FIL viene contrapposto, o meglio, messo in parallelo, al ben più noto PIL.
Tra i tanti temi del libro di Domenico De Masi, Mappa mundi ho incontrato questo indice di felicità in cui eccelle il Bhutan che lo ha inserito come principio nella propria costituzione. Insomma dalla prima menzione costituzionale USA del diritto alla “ricerca della felicità” , fino alla FIL, potrebbe essere una bella evoluzione quella che ci propongono le terre alte. Siamo infatti abituati a considerare la ricchezza di un Paese in base allo spread, al debito pubblico, agli andamenti della borsa e a cosa dicono i mercati. A me questa idea della FIL è suonata subito interessante, salvo poi scoprire, dopo una breve ricerca, che purtroppo, sempre in Bhutan, c’è un altissimo numero di profughi per motivi etnici e di relativi suicidi. Non c’è libertà religiosa e le promesse della FIL restano più sulla carta che nella sostanza dei diritti umani riconosciuti a tutti. Così del resto era per la costituzione federale americana varata in pieno schiavismo, l’uguaglianza era appannaggio dei bianchi e il segregazionismo finì solo negli anni Sessanta. Così era per il discorso di Pericle agli ateniesi. “Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia”. In realtà né donne né stranieri, né schiavi, che erano tutti insieme più dei due terzi, facevano parte di questa schiera eletta.
Che storia, la democrazia. Affascinante e davvero ci riguarda. Dove andremo? Verso la distruzione del pianeta che estinguerà le isole di aria respirabile e schiaccerà i poveri fino all’implosione, oppure sapremo andare altrove? Spero nella sensibilità e nello spirito multiculturale dei giovani cui va la sfida di salvare il meglio e il maggior bene possibile.