Ognuno si congedò dalla vita nel modo che più gli si addiceva. Alcuni pregarono, altri bevvero oltre misura, altri si inebriarono di nefanda ultima passione. Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui tutti i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani con il vostro bambino, non gli dareste oggi da mangiare?
(Primo Levi, Se questo è un uomo)
Erano sempre i bambini che guardavano fuori – i bambini … Si sentivano talora i loro pianti nella notte, quando scendevano dai trasporti, e faceva freddo, era buio, anche se tutt’intorno riflettori sinistri illuminavano il campo. Si sentivano gridare nella notte “Mamma!”, “Mammina!” in tutte le lingue, e pareva di poter percepire anche il bisbiglio di risposta, nel silenzio rotto dalle grida di paura e dai comandi militari, pareva di udire le voci affettuose delle mamme, che cercavano di rincuorarli. Di giorno, quando arrivavano coi trasporti, guardavano fuori. Il lungo treno si fermava, gli uomini cominciavano a scendere… ed ecco che ogni uomo diventava un papà, che subito si dimenticava di sé per preoccuparsi solo del suo bambino, lo prendeva affettuosamente in braccio, lo calava lentamente dal treno, per non fargli male, lo teneva per mano – e certo gli diceva “Su, non temere, sei col tuo papà, vedrai che non ti capiterà nulla di male”, ma subito gli SS separavano il papà dal suo bimbo, lasciavano il bimbo colle donne, e così era finita, il bimbo era condannato.
(Luciana Nissim, Ricordi dalla casa dei morti)
A confronto lo sguardo di un uomo sulle madri a Fossoli, Emilia Romagna, la sera prima del viaggio finale per Auschwitz, e lo sguardo di una donna sui padri all’arrivo del convoglio al campo quando ormai è l’ora della fine. Entrambi serbano impresso nella memoria l’estremo tentativo di proteggere i piccoli dal dolore e di nascondere loro pietosamente una verità inconcepibile anche per le menti adulte. Tanti di quei bambini sono morti e un popolo intero è stato decimato per generazioni a venire. Primo Levi e Luciana Nissim, ebrei piemontesi, lui chimico e lei medico, furono catturati insieme, viaggiarono per quattro giorni fino ad Auschwitz e superarono le selezioni. Lavorarono entrambi nei campi di sterminio e di lavoro sfruttati per il contributo che il Reich poteva esigere da loro come da tutti gli ebrei, i rom, i prigionieri politici, e i prigionieri in grado di lavorare. Nella macchina dello scellerato progetto di annientamento, ebbero una sorte appena appena poco migliore di altri e poterono restare sopra la soglia della sopravvivenza. Risultarono infatti tra i pochi a salvarsi dai lager e a tornare per poter raccontare gli orrori visti.
Molti bambini oggi nel mondo sono privati del futuro e dei sogni da guerre e violenze.
Nell’immagine: un disegno di Helga Weissova, che era tra i tanti bambini che vivevano nel ghetto di Terezin vicino a Praga.