La mia fiducia nella scienza

Quando, parlando con amici o conoscenti, qualcuno mi chiede se ho fiducia nella scienza (o altre domande dal significato più o meno simile), mi sembra a volte di sentire, nell’atteggiamento dell’interlocutore, una certa aria di critica, se non addirittura di sufficienza, quando rispondo di sì, che l’indagine scientifica è, a mio avviso, il mezzo più efficace a disposizione dell’umanità per cercare di avvicinarsi alla verità.

Naturalmente quest’affermazione può essere interpretata in più modi, non tutti condivisibili, per questo vorrei spiegare il mio atteggiamento.

L’espressione “fiducia nella scienza” può assumere due diversi significati, che spesso vengono indebitamente confusi, provocando fraintendimenti:

1. fiducia nella tecnologia come strumento di soluzione dei problemi che affliggono l’umanità;

2. fiducia nel fatto che l’indagine scientifica sia un utile mezzo per avvicinarsi alla verità.

Sul primo atteggiamento si può discutere, la tecnologia ha portato cambiamenti enormi nella vita di una parte dell’umanità, cambiamenti che vengono, in genere, considerati positivi. D’altro canto lo sviluppo della tecnologia ha dei limiti che ormai da diversi anni stanno diventando evidenti. Non voglio approfondire qui questo argomento, ognuno di noi ha la sua idea sul fatto che i benefici superino i costi (e di quanto) o viceversa. Quello che mi interessa è il secondo punto, che considero fondamentale e che condivido. Il metodo scientifico e le consapevolezze che ne derivano sono un enorme patrimonio dell’umanità e queste consapevolezze devono essere considerate vere.  Chi le nega o le mette in dubbio dice falsità. Il buon senso del “buon padre di famiglia”, la filosofia, la religione, le scelte di vita dei singoli o delle comunità non possono negarle, se non affermando falsità.

Il problema, eventualmente, è stabilire cosa è scientifico e cosa non lo è, tra ciò che ci viene presentato sotto questa veste. Proprio per la grande forza che ha la scienza nell’affermare la verità delle cose, molti vorrebbero far passare per scientifiche le loro opinioni o le loro scelte, mentre non lo sono. Del resto anche le verità genuinamente scientifiche, perdono molta della loro verità quando vengono divulgate in modo semplice e comprensibile a molti, sia per mancanza di onestà intellettuale del divulgatore, sia perché semplificando teorie complesse se ne perde il senso.

In un interessantissimo articolo pubblicato su MicroMega (Con buona pace dei teologi, ‘eretici’ e non – MicroMega 1/2014 – pag. 3-29) l’antropologo e filosofo della scienza Telmo Pievani, in aperta polemica con il teologo Vito Mancuso, distingue cinque livelli nella divulgazione dei dati scientifici, che vanno dal primo (dati sperimentali grezzi che, una volta ottenuti e divulgati, nessun ricercatore potrà più ignorare) al quinto (travisamenti intenzionali delle notizie scientifiche per assecondare una propria convinzione ideologica). E’ la confusione tra questi piani, la mancanza di chiarezza su qual è il livello di verità delle proprie affermazioni, da parte del divulgatore, che porta fraintendimenti e ignoranza.

Il limite tra scienza e pseudoscienza esiste, e tutti quelli che hanno a cuore la verità dovrebbero tenere presente, quando ragionano su fatti scientifici, quando ne parlano o quando leggono o ascoltano, su quale piano si trovano, quello dei fatti, quello delle ipotesi ragionevoli, quello delle fantasie, quello dei tentativi di imbroglio ecc.

5 pensieri su “La mia fiducia nella scienza

  1. caro marco buona sera e buona domenica, anche io credo nella scienza anche se ne sono stata molto delusa nel corso della mia storia però…parleremo di questo in una delle nostre serate. io ti chiamo e chiamo tutti i pezzi da 8 a partecipare alla piccola relazione che sosterrò domani sera ore 17 alla sala della vaccara: parleremo di Omero e dell’epos omerico come testimonianza storica. venite a sostenermi anche se il mio ruolo è solo di interlocutrice con il Prof. Nafissi, mio caro amico massimo, e docente di storia greca all’UNI. persona speciale.
    a presto
    roberta

  2. Caro Marco ho letto con molto interesse il tuo articolo che mi ha stimolato delle considerazioni poco “scientifiche” . Provo sempre una certa inquietudine quando qualche disciplina di studio umana usa la parola verità. Ho letto da poco un bellissimo saggio di morin “I miei filosofi”,nel quale si dà spazio anche alle speculazioni di scienziati,. Evidemteente si rifà a studi diversi da quelli che citi tu, Ciò che si valorizza in tutti i campi del sapere è il concetto di contraddizione e di complessità. A mio modesto avviso, più precisamente al mio modesto modo di sentire, la realtà è talmente complessa e meravigliosa e la verità può essere solo un a meta da perseguire e che non si raggiungerà mai. Ogni sforzo di penetrare la realtà contribuisce a dare senso al cammino umano, a creare un pezzettino in più di chiarezza, con le sue specificità e le sue regole metodologiche. Un abbraccio “contraddittorio”.

    • Se io guardo fuori dalla finestra e vedo (come vedo in questo momento) che il cielo è sereno, per me questo basta per dire che “il cielo è sereno”. La scienza, per definizione, non si occupa di verità assolute o metafisiche, perciò nessuna paura a chiamare vero ciò che è vero e falso ciò che è falso. Lo stesso san Tommaso diceva che la verità è “adaequatio intellectus et rei” (viene di solito tradotto con “corrispondenza tra l’intelletto e la realtà”). Verità di questo tipo sono alla nostra portata (nostra nel senso di genere umano e anche nostra personale) e non certo lontane mete più o meno irraggiungibili.
      Aggiungo anche che chi nega le evidenze scientifiche (quelle che io chiamo verità), in genere non lo fa certo in nome del dubbio e della complessità (magari fosse così), ma in nome di una presunta verità “più alta”.
      Ricambio l’abbraccio, a presto!

  3. Una volta si usava un’espressione che oggi sembra un po’ desueta, sa di vecchio : “controllo sociale” sulla scienza. Estenderei il concetto ad altri ambiti, apparentemente molto diversi, come l’arte o la politica.
    Quello che rende poco nota o poco fruibile un’invenzione, una creazione artistica o scientifica è : “A chi si rivolge ? A chi può essere utile ? Chi può capirla ed apprezzarla ?”
    In ogni settore dell’espressione umana, mi sembra sempre più percepibile il distacco o la separazione tra chi inventa e chi ne gode, ma soprattutto tra chi la produce e chi ne avrebbe bisogno. Quando parlo di godimento o di bisogno, non mi riferisco solo ad una fruizione meramente materiale, ma anche sensoriale od estetica.
    Il “benessere” del singolo e di una collettività (più o meno estesa), dovrebbero determinare il successo di un’idea e della sua realizzazione.
    Sicuramente questa consapevolezza, più che la verità intrinseca della scoperta, può determinarne un’utilità sociale, dando quindi un senso a quello che si fa, in ogni campo.
    Il problema sorge invece, come tu dici Marco, quando prevale non solo la fantasia sulla ragione, ma addirittura l’imbroglio !
    Una casta di scienziati, spesso pagati dall’industria, una casta di artisti, che tendono a massimizzare il profitto delle loro creazioni e una casta di politici, che pensano soprattutto al loro ritorno in termini di potere e di soldi, è ciò che rovina la validità di questi metodi e che ci allontana tutti dalla “verità”, che io chiamerei più giustizia.
    La tecnologia ed il progresso molto spesso ci hanno facilitato, allungando la vita, accorciando le distanze e diminuendo la fatica fisica, ma non sono stati in grado (proprio per i motivi che dicevo) di aumentare la nostra consapevolezza , la felicità di noi esseri sociali, oltre che di individui.
    Delegare a pochi “eletti” il nostro controllo, la nostra convivenza, le regole del nostro “star bene”, non fanno che aumentare i problemi.
    La vera socializzazione delle conoscenze mi pare l’unica via d’uscita.
    Anch’io sono contro i falsi divulgatori.

  4. La confusione, oserei dire epistemologica, nasce dall’accezione del termine “verità” che evoca subito per cultura le cose ultime, la finalità anche di tipo etico e morale o escatologico, insomma il misterioso senso della vita.
    La scienza non si occupa di metafisica e quindi non di queste verità che ognuno è libero di cercare come meglio crede.
    Ciò che è vero, indagabile, dimostrabile e, in tempi recenti ciò che è scientificamente vero sul mondo, sugli esseri umani e sull’evoluzione, per quelli come me che sono al livello divulgativo e di grande pubblico, è ancora molto poco familiare, particolarmente in Italia. La formazione scientifica ci manca. Tante mostre e programmi d’arte in tv, poca scienza, almeno fino a questi ultimi anni. Qualcosa si sta muovendo con festival e mostre. Quel poco in cui mi sono lasciata coinvolgere mi ha affascinato. Che dire? Speriamo nei giovani come Telmo Pievani e nei ragazzi che studiano alle facoltà scientifiche (lo dico con un pizzico di interesse personale :-).
    Molto interessante il fatto dei vari gradi di verità. Per me sicuramente da approfondire.

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