Recensione al saggio sociologico di
A. Delestre, C. Levy, Penser les totalitarismes, éditions de l’Aube 2010
Che cosa hanno in comune la mafia e lo stalinismo, L’Opus Dei e il nazismo?
Secondo Antoine Delestre e Clara Levy si tratta di tutti fenomeni totalitari, se si applica la categoria del totalitarismo nel suo dominio estensivo, benché il termine sia già di per sé ambiguo e abusato. I due studiosi, seguono Annah Arendt che già agli inizi degli anni Cinquanta indica analogie nei meccaismi di affermazione e mantenimento del potere tra i grandi regimi di destra e di sinistra.
I due studiosi non si fermano qui. Si spingono oltre fino a tracciare una linea immaginaria come un filo conduttore, su cui è possibile iscrivere, in crescendo, fatti diversi tutti riconducibili alla matrice comune totalitaria seppure differenziati in ordine di gravità, intensità, scala sociale di coinvolgimento. Si riconosce che differenze (qualitative e quantitative essenziali) separano il totalitarismo nazista o staliniano e quello di un gruppuscolo terrorista politico o religioso di oggi . Si suppone però si tratti di variazioni su uno stesso registro. Il libro esamina i processi affettivi, organizzativi, contestuali, sociologici, certi parametri (che non necessariamente sono mobilitati tutti allo stesso tempo) che intervenendo nell ‘ elaborazione del fatto totalitario, appaiono, malgrado varianti importanti, identici o molto prossimi (p. 35 traduzione dr). Troviamo così messe in relazione tra loro realtà che sembrano ancora lontane dal limite estremo dello stato totalitario e dai campi di concentramento, ma che condividono analoghi meccanismi di funzionamento sociale affidati a violenza, disprezzo dei diritti umani e della libertà di coscienza.
Lungo un simile continuum , troviamo così le bande criminali, la mafia, la famiglia autoritaria, i gruppi pseudo o parareligiosi come Scientology, o per l’area cristiana, l’Opus Dei, alcune comunità incentrate sui propri pastori e i Legionari di Cristo.
Quali sono dunque, anche se non sempre tutti presenti i marcatori dei fatti totalitari, sia che si tratti di organizzazioni private che di regimi ? In primo luogo l’ideologia: si tratta di volta in volta della razza, dell’odio ossessivo per una minoranza; il culto del capo e persino la tradizione, lo stato forte, la nazione, la lotta di classe si offrono ai militanti come una griglia di lettura della realtà che permette semplificazioni e risposte automatiche. Essa (l’ideologia) serve da griglia di lettura degli avvenimenti, da perno d’appoggio, valore centrale univoco che struttura la vita quotidiana dell’adepto. Apporta un’apparenza di coerenza, una logica, delle certezze, un obiettivo a chi ne cercava. I credenti divenuti fanatici, i militanti appartenenti a gruppi totalitari o a tendenza totalitaria, si esprimono, generalmente a colpi di slogan definitivi. Questa ideologia inculcata, imparata a memoria a forza di essere ripetuta, li conduce e in qualche modo li eleva. (p.68 ndr)
Anche il linguaggio di cui l’ideologia si serve offre segnali eloquenti.
Infatti altro marcatore è l’uso di un gergo quasi sempre bicolore e manicheo, una “langue de bois” che indica con chiarezza i nemici da evitare. O ancora il funzionamento segreto, infatti i membri dell’organizzazione occultano i meccanismi di funzionamento delle proprie strutture che contraddicendo la parvenza esteriore accogliente, liberatrice, sono di fatto di violenza sulle coscienze. Inoltre il segreto è praticato verso il mondo esterno ritenuto non all’altezza di comprendere i valori condivisi dagli eletti.
Allo stesso tempo però all’interno dell’organizzazione si impone la trasparenza. Così nel paragrafo relativo a questo aspetto troviamo una lunga riflessione dedicata a certe comunità religiose. Qui agli adepti è imposta l’esposizione della propria intimità ai responsabili che possono così agire nel controllo delle vite private, delle coscienze e dei pensieri (per prevenire quelli sovversivi e limitare le ribellioni e le defezioni). L’istituzione cristiana, e in particolare cattolica, della confessione è rintracciata alla base di questa pratica di controllo intimo, ed è resa più efficace dal fatto che chi vi si sottopone aderisce volontariamente. Laddove si trova poi la combinazione tra confessione e obbedienza il rischio di totalitarismo diventa altissimo.
Si ravvisa nell’Inquisizione cattolica il modello ispiratore dei processi dello stalinismo, nonostante le implicazioni relative a Controriforma e Inquisizione siano nel libro appena sfiorate, mentre potrebbe meritare maggiore attenzione.
Altro elemento forte, per il funzionamento dei sistemi totalitari come dei gruppi a tendenza totalitaria, è la promozione della delazione cui si aggiunge l’intimidazione degli adepti minacciati, anche solo implicitamente, di esclusione con tutti i costi d’uscita che questo eventualmente per essi comporta .
Perché il totalitarismo riesce a prendere piede? Di chi sono le responsabilità ?
Innanzitutto nostre. I nostri personali accecamenti, il diniego e l’assuefazione a piccole dosi graduali del veleno totalitario fanno sì che quella mostruosità non sia tanto lontana da noi stessi che mostriamo la tendenza a sottovalutare e minimizzare. SI tratta di un accecamento da cui nessuno è al riparo, inclusi i presenti. La radice del totalitarismo è perciò dentro di noi. Inoltre la dissimulazione viene dai vertici del sistema totalitario stesso che, se riconosce qualche errore, lo attribuisce a poche frange generalmente di espulsi o estromessi che non esitano a giustiziare o sacrificare cosicché finiscono per funzionare da fusibili di salvaguardia del sistema. La connivenza è attribuita anche a intellettuali che non denunciano. Ciechi sono ovviamente gli adepti stessi.
Con queste premesse gli autori passano al setaccio la storia avvertendo di tralasciare storia antica, Impero romano, Greci, Ancien Régime, (diversa nelle varie epoche era la sensibilità verso quelli che per noi sono oggi diritti elementari dell’uomo).
La nozione di totalitarismo va in parallelo con quella di persona e dignità umana che si modificano nel tempo e nelle società.
Il libro scandaglia una vastità di fatti e episodi storici contemporanei senza però essere organizzato in sequenza cronologico, ma piuttosto per temi a cui gli episodi fanno da argomenti a sostegno. La sezione del libro più originale per impostazione è la seconda per avvertenza stessa da parte degli autori, è la sezione che indaga l’organizzazione totalitaria, i suoi meccanismi, gli uomini, cioè il capo carismatico, gli adepti, “i nemici”. Gli autori dedicano in conclusione una intera parte a spiegare le ragioni, l’impostazione e gli eventuali limiti della scelta di utilizzare il dominio estensivo del concetto stesso di totalitarismo.
La novità del loro lavoro è però proprio questa.
Il saggio, pur essendo scientifico, non nasconde la scelta di valore da parte degli autori in favore della libertà di coscienza e pertanto il giudizio contro il totalitarismo.
360 pagine, imponente l’apparato bibliografico e le oltre ottocento citazioni in nota tra cui i classici della sociologia e della letteratura sul tema del totalitarismo accanto a testimonianze, carteggi, altre fonti. Molto interessante e ricco il rimando alla filmografia del filone storico politico che accompagna quasi ogni capitolo.
Delestre, ex membro di una comunità religiosa carismatica francese da cui è fuoriuscito negli anni Novanta è autore con altri del volume di denuncia Les naufragés de l’ésprit. Attento al tema dell’abbandono di gruppi a tendenza settaria e totalitaria e del reinserimento dei fuoriusciti nella società. Tale tema è stato oggetto dei suoi studi oltreché della sua esperienza. Convinto che non solo il distacco scientifico dei sociologi abbia qualcosa da dire, ritiene che la voce degli ex meriti attenzione.
Mariangela Menghini
Oltre le ideologie
Alcune osservazioni a margine della tua bella recensione.
– Molti pensano che il comunismo sia stato un fenomeno assai lontano dalla struttura religiosa: niente di più sbagliato. In realtà, “dal punto di vista della ritualità, il comunismo ha tutte le caratteristiche di una religione, e in particolare di una religione derivata dalla Bibbia. C’è un bene e c’è un male, noi combattiamo per il bene, un giorno verrà la rivoluzione e tutti saranno giusti e comunisti. (…) Così, la maggior parte delle società moderne è retta da tradizioni post- bibliche, dalle quali chiunque rappresenti qualcosa di diverso è escluso. Oltre alla confraternita comunista esistono la comunità ebraica, la comunità cristiana e quella islamica, la comunità musulmana. L’ebraismo non ha spirito missionario, ma le altre – come l’Islam, il cristianesimo – sono tradizioni assassine. Lo scopo di ciascuna è la conquista del mondo.” Non lo dico io, ma Joseph Campbell, uno dei più grandi studiosi di mitologia e religioni comparate.
– Ci sono invece religioni, che pur mantenendo dottrine e regole etiche anche abbastanza rigide, esprimono il loro consenso alla realizzazione di una libera spiritualità laica. Vuol dire che, a parte alcuni precetti fondamentali (non ammazzare, non rubare, ecc., espressi non come divieto assoluto, ma come tendenza auspicabile del comportamento), si lascia libera l’esperienza spirituale come esperienza e percorso individuale, non necessariamente integrata in una chiesa o gruppo o istituzione. La religione diventa solo una forma di ispirazione, una guida, ma non assoluta. Come può essere una guida una poesia, un romanzo, un bel film o una persona interessante che conosciamo.
– Credo che i totalitarismi del XX secolo siano stati, di fatto, le ideologie (tutto ciò che finisce con …ismo). L’ideologia è la forma deteriorata dell’idealismo: gli ideali diventano pericolosi quando diventano ideologia, ossia pratica coatta e irragionevole dell’ideale stesso. La fissità e rigidità di un’idea diventa invece l’idea di una verità con l’iniziale maiuscola come se il possedere quella verità fosse l’aver trovato la soluzione a tutto. Sono molte le persone che credono di avere la verità in tasca, o che magari questa verità ce l’abbia il suo guru: tutto questo può condurre ad una follia della verità, ad una rigidità dell’ideale che si trasmette al corpo e alla mente. Piuttosto che “perfezionarci” inseguendo una verità assoluta e applicandola ad ogni momento della nostra vita, sarebbe meglio essere fedeli alle nostre imperfezioni e fare tesoro delle verità relative che scopriamo quotidianamente e che possono essere di grande insegnamento per la nostra vita.
– Essere antitotalitari significa – per me – essere più liberi di accettare le nostre debolezze e quelle degli altri. Sono queste fragilità la nostra vera forza. Non immaginare una società perfetta, che non esisterà mai. Lasciarsi andare…..
L’ispirazione del comunismo reale alle Chiese, come tu dici, è nota a sociologi e storici. Anche il libro che ho recensito ne parla, ma non c’era modo di riportare tutto.
Questo mio periodo è in parte occupato da studio e ripensamento sul tema dell’appartenenza militante a un movimento religioso e alla Chiesa e porta con sé riflessione sull’appartenenza politica che a me è mancata.,
Le analogie sono evidenti, lo sono anche le differenze.
Tutto ciò senza per questo fare di tutta l’erba un fascio.
Quanto al suggerimento di lasciarsi andare….
L’aspirazione al migliore dei mondi possibili ci chiama oltre che a lasciarci andare anche a impegnarci nelle regole del vivere civile… ma anche in questo caso senza fare della coscienza civile una nuova religione. Anche di questo parla il testo di Delestre (durante la Rivoluzione Francese furono create delle feste laiche come la Festa dela Ragione con i suoi simboli e i suoi cerimoniali… l’ispirazione era sempre quella).
Grazie della discussione.
M
Ti segnalo il mio commento all’articolo di Marco sul “dilemma del prigioniero” che incrocia i suoi argomenti con i tuoi.