Il cielo vuoto: scene di perdita della fede dalla letteratura

Per combinazione mi trovo a leggere in parallelo due libri in cui emerge la cultua ebraica. Uno è un romanzo magico surreale di Alejandro Jodorowsky, “Quando Teresa si arrabbiò con Dio”.L’altro è ” Il sistema periodico” di Primo Levi, un lungo racconto autobiografico incentrato sulle e degli elementi della materia  e sull’esperienza dello scrittore chimico, che  traccia la propria storia negli anni delle leggi razziali e della guerra.

In comune i due libri hanno la ricerca delle radici di famiglia e del popolo ebraico e il tema che qui mi interessa della perdita della fede. Sarebbe interessante rintracciare questo tema anche in altre opere letterarie o nel cinema, fare uno studio sulla mitografia di questa frattura della coscienza devota, sorella minore e trascurata della conversione, la conversione al contrario, la perdita della fede.

Teresa perde un figlio per una calamità naturale e attribuisce a Dio la resposabilità. Potentissima l’immagine di lei che irrompe nella sinagoga urlando: “I tuoi libri mentono! Dicono che hai salvato il tuo popolo, che hai aperto il Mar Rosso con la stessa facilità con cui io taglio le carote, ma non hai fatto niente per il mio povero Giuseppe… (…) Non hai pietà, sei un mostro. Hai creato un popolo eletto solo per torturarlo! Sono secoli che ridi alle nostre spalle. Basta! Ti parla una madre che ha perso la speranza e perciò non ti teme.! Ti maledico, ti nego, ti condanno al tedio! Resta pure nella tua Eternità, fa’ e disfa universi, parla e tuona, io non ti ascolto più ”  Siamo qui solo all’inizio del romanzo che prosegue poi nella trasfigurazione, che sfocia nel magicoo surreale, delle vicende dell’intricato albero genealogico di Alejandro, potente narratore che ci presenta immagini stupefacenti (lettura consigliata).
Invece Primo Levi  è alle prese con la chimica mentre in Italia sono state varate le leggi razziali, vari professori gli rifiutano di diventare assistente e poter svolgere delle ricerche, circolano intanto libri segretissimi e naturalemente censurati, che parlano di atrocità contro gli ebrei in Polonia. Primo racconta: Ci radunavamo nella palestra del <<Talmùd Torhà>>, della Scuola della Legge, come orgogliosamente si chiamava la vetusta scuola elementare ebraica, e ci insegnavamo a vicenda a ritrovare nella Bibbia la giustizia e l’ingiustizia e la forza che abbatte l’ingiustizia: a riconsocere in Assuero e in Nabucodonosor i nuovi oppressori. Ma dov’era Kados Barukhù, il <<Santo, Benedetto sia Egli>>, colui che spezza le catene degli schiavi e sommerge i carri degli Egizi? Colui che aveva dettato la legge a Mosè e ispirato i liberatori Ezra e Neemia, non ispirava più nessuno, il cielo sopra di noi era silenzioso e vuoto: lasciava seterminare i ghetti polacchi, e lentamente, confusamente, si faceva in strada in noi l’idea che eravamo soli, che non avevamo alleati su cui contare, né in terra né in cielo, che la forza di resistere avremmo dovuto trovarla in noi stessi.

Cos’hanno in comune nelle pagine di questi scrittori le due scene di frattura e perdita della fede? La disillusione dalla rivelazione dei testi sacri, la rottura della coscienza filiale verso il creatore, la rottura stessa dell’infantile certezza di un Dio protettore, la decisione di assumere un proprio giudizio e di confrontare l’incongruenza dei testi con l’evidenza negativa della realtà. Un fattto tragico personale, dovuto a un evento accidentale e non causato dall’uomo nel primo caso, quello di Teresa, la porta a una scelta repentina che ha i connotati della rivendicazione. Invece il grande evento della shoa nel secondo caso, un fatto tragico collettivo, dovuto alla ferocia dell’uomo sull’uomo e che si stenta a spiegare a posteriori porta il cedimento dell’anello che non tiene per Primo e altri suoi conpagni ancora ll’inizio di quella che sarà per loro un’odissea tragica per i più senza ritorno. Il tema dell’Olocausto in rapporto alla fede, come collocare nella storia del popolo eletto questo evento e se continuare o no a credere, è stato non poco dibattuto dal punto vista filosofico e telogico nel mondo ebraico.

Qui ho solo voluto riportare due immagini dalla letteratura e sarei curiosa di trovarne altre  e analizzarle, magari scrivendo un breve saggio. Uno spunto di ricerca

Su ebrei e teologia dopo la Shoa ho trovato un bellissimo studio purtroppo anonimo (qui).

Va da sé che i Libri di Jodorowsky e di Primo Levi sono entrambi da leggere e consigliare.

2 pensieri su “Il cielo vuoto: scene di perdita della fede dalla letteratura

  1. Non mi avventuro in analisi. Ciò che però non posso non notare è che i due autori, credenti o atei o eretici che siano, parlano di Dio. Proprio come fai tu coi tuoi post. E fai bene, perché è Dio IL problema della vita. Lo aveva ben intuito Leopardi, che io considero a tutti gli effetti un autore religioso, nel senso che i temi che tratta non si fermano alla vita materiale, ma si protendono verso l’infinito e affrontano i veri problemi dell’uomo, anche se lui rimane pessimista, e in questo sbaglia, perché Dio esiste. Oltre alle prove filosofiche dell’esistenza di Dio che propone san Tommaso (parlo di filosofia e non di teologia, perché il concetto di Dio è laico: la fede biblica, invece, è la Rivelazione di Dio), c’è, infatti, anche una “prova” o forse meglio “indizio”, istintivo, ma universale. E cioè: se hai sete, vuol dire che l’acqua da qualche parte deve esistere l’acqua, e se hai esigenza di affrontare i temi ultimi della vita, i temi che si pongono domande sul trascendente, vuol dire che il trascendente esiste. Ciò che è solo materia non può concepire il trascendente, non può concepire cioè qualcosa che supera la sua natura. Ma ciò che ha una natura trascendente (anima) lo può fare. Un saluto a te e agli amici del blog.

  2. Cara Mariangela, a colpo d’occhio ciò che accomuna i 2 autori è che, credenti, atei o eretici che siano, parlano di Dio. Proprio come fai tu coi tuoi post. Perché Dio è IL problema dell’uomo, il problema fondamentale. Tutto nell’uomo ha un aspetto religioso, anche la negazione di Dio, perché l’uomo non è indifferente a Dio, e di fatto ne parla, magari per contestare. Per questo gli autori che trattano di certi temi, come Leopardi, io li considero autori religiosi. Parlo di religione in senso laico, e non di Fede, per cui occorre che Dio si riveli. Il concetto di Dio, infatti, è naturale e, perciò, laico.
    Un saluto a te e agli amici del blog.

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