Dietro la porta nella parete del corridoio c’era un vano rientrante coperto da una tenda pesante. Quando la porta era aperta nascondeva completamente la rientranza. La casa allora era in assetto tattico quotidiano. Chi entrava, chi usciva, mamma ai fornelli, nonna alla macchina da cucire pestando i piedi sul pedale basculante della mitica Singer, i fratelli con pirografi e tavolette in legno da incidere, nonno a smontare e rimontare qualche minuteria, papà che doveva rientrare da un momento all’altro, sembravamo parenti della famiglia di Marcovaldo. Ma quando la porta si chiudeva e separava la zona giorno dalla zona notte, pareva che si aprisse un altro mondo. Potevi ritrovarti lì incantato nella penombra del corridoio a perdere la cognizione del tempo e del rischio di una sportellata in testa dal prossimo inquilino della famiglia che si fosse ostinato nel proprio quotidiano andirivieni. La tenda invitava ad aprire il sipario del passaggio segreto per transitare in un altro mondo.
Era la biblioteca di casa, c’erano volumi di storia, d’arte, purtroppo assenti quelli di carattere scientifico, ce n’erano di morali, c’era la bibbia, la Divina Commedia e soprattutto c’era letteratura per ragazzi che per fortuna all’epoca comprendeva ancora tanti classici. C’era qualcosa sugli etruschi e l’archeologia. E c’erano anche romanzi contemporanei e libri di poesie quasi nuovissimi che mia madre e mio padre avevano letto in gioventù freschi di stampa, quindi degli anni Cinquanta e Sessanta.
“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” condivideva un piccolo spazio promiscuo nello stesso ripiano dove si trovava “Come nascono i bambini” delle edizioni Paoline e destinato alla formazione di noi piccini. La piccola collezione non credo contasse più di due o trecento volumetti perlopiù tascabili e economici.
Il mio primo amore per questo luogo di conservazione e di pronta consultazione dei libri è nato lì.
Dopo un ragionevole tempo a leggere in piedi davanti agli scaffali del sipario meraviglioso, se non mi ero presa nel frattempo la sportellata in testa, tornavo per qualche attimo alla realtà, quel minimo necessario per spostarmi in un’altra stanza a leggere, sperando di trovare un posto silenzioso dove allungarmi su un letto o su un divano, impresa alquanto difficile dato l’affollamento. La piccola raccolta di casa mia era il gruzzolo accumulato dai miei genitori a partire dai sussidiari di scuola rivestiti di carta paglia marrone fino alle scelte autonome più disparate di una coppia di laureati provenienti da famiglie di genitori senza la licenza elementare.
All’epoca della scoperta di questo star gate non sapevo ancora che potenzialmente molte altre porte si sarebbero aperte su regni sconosciuti. Dai tempi della scuola seguirono quindi la biblioteca dei ragazzi e la sede storica dell’Augusta di Perugia, la sorprendente biblioteca di studi classici dell’università di lettere antiche dove ho incontrato uno dei miei fidanzati e quelle interne agli istituti di lettere moderne, la Sperelliana di Gubbio dove approfondivo dettagli della storia eugubina, la biblioteca apostolica vaticana da cui in pausa, tra una ricerca e l’altra di citazioni per la tesi di laurea sul Mausoleo di Costantina, mi affacciavo sui giardini vaticani. Altre ancora sono state quelle in cui ho studiato da adulta laureata: la biblioteca del Sacro Convento di Assisi con una veduta mozzafiato sulla pianura di Santa Maria Degli Angeli, quella dell’Istituto di Storia per l’Umbria Contemporanea. Avevo sempre l’impressione entusiasmante di trovare l’ago nel pagliaio della vastità dei volumi disponibili.
Un fascino notevole lo hanno esercitato anche le biblioteche museo, quelle da cui non tiri giù né apri un solo volume, ma che lasciano il segno negli occhi e nelle impressioni facendo carburare la voglia di viaggiare nel tempo, nelle conoscenze e nel vizio di dialogare con i grandi morti viventi. La biblioteca di Palazzo Sorbello sempre a Perugia e la biblioteca di Monteripido per esempio, inoltre l’imponente biblioteca Leopardi degli studi matti e disperatissimi a Recanati.
Di queste, come di altre sfumate nella memoria viste in palazzi nobili storici durante viaggi all’estero, mi resta solo un indelebile fotogramma come un sogno.
Con l’avvento di Internet ho quotidiani e cataloghi consultabili a portata di mano e una messe di testi e informazioni, immagini e suoni in ogni momento raggiungibili, una biblioteca virtuale potenzialmente mondiale sempre a disposizione. La sorpresa è che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, ho continuato a sperimentare la novità e preziosità delle biblioteche della mia città con la Villa Urbani di Perugia e la biblioteca Capitini (a me piace chiamarla così per la collezione privata del nostro Gandhi umbro, ma in realtà il suo vero nome è legato al toponimo di San Matteo degli Armeni, la bellissima chiesa medievale che fa parte dello stesso complesso restaurato di recente con fondi europei ad hoc per il progetto della biblioteca). In queste biblioteche vado spesso negli ultimi anni. Lì gli espositori sono direttamente consultabili e si mostrano allo sguardo degli utenti (mi sembra di tornare dietro quella tenda del corridoio) e ci sono piccole salette non solo destinate alla lettura, ma con funzioni diverse e dove servizi e esperienze organizzate si susseguono dai concerti alla filosofia, ai cineforum, ai corsi di formazione. Si legge ad alta voce, si raccontano fiabe ai bambini, si recita, si danza, si fa yoga, si incontrano lingue e culture diverse che si parlano tra loro. Si fanno begli incontri in queste sale e si va e si torna arricchiti con riflessioni e interscambi. Ci sono giovani, studenti, pensionati. Si partecipa al passaggio del testimone e all’incontro tra generazioni e voci del passato e del presente.
Non amo passare il tempo ai centri commerciali. In chiesa non ci vado più. Mi piace che ci siano tra i luoghi di aggregazione diffusi sul territorio queste due biblioteche, così come apprezzo che un bibliobus giri per le frazioni periferiche a portare libri in prestito e aprire porte di altri mondi a chi forse non si sposta agevolmente o è ancora troppo piccolo per farlo. Mi piace la tecnologia di questi luoghi che valorizza il digitale ma preserva la carta stampata.
Queste due ultime biblioteche entrate nella mia vita e nella vita di molti, rischiano in questi ultimi tempi di essere chiuse per motivi di bilancio. Spero che invece restino un’opportunità per il cittadino, per una rete diffusa di scambio di un patrimonio che non è solo cartaceo, ma anche e soprattutto immateriale. Il rischio di chiusura di questi due spazi mi ha fatto ripercorrere con i ricordi tutta la mia esperienza nelle biblioteche. Ora vorrei fare il possibile per chiedere alle autorità di risparmiare su qualcos’altro e di lasciarci i nostri spazi di incontro culturale, umano e intellettuale. Ne abbiamo bisogno e contribuiamo perché questi spazi si mantengano e restino vivi.
sono persuasa che il tuo articolo meriterebbe un pubblico più ampio senza con questo sminuire marticus anzi rendendolo più forte vista l’eminenza dei suoi membri!!!!
Ma figurati… anche Manzoni dichiarava di scrivere per i suoi venticinque lettori… Pezzi da otto è un’ottima occasione… Comunque sorrido e ringrazio.
Mi sono divertita a scrivere questo pezzo e in biblioteca a studi classici c’eri anche tu, mentre di biblio che avrei dovuto citare ne mancano almeno un altro paio, l’astronave rosa e quella dell’Università per stranieri…
Grazie Mariangela e come dicono in Spagna : encantado !
Scrivi proprio molto bene ed io penso che il tuo stile coinvolgente ed ironico, nonché di alto livello tecnico, stimoli tutti noi del blog a tirar fuori le nostre storie intime, belle o brutte, affascinanti o deprimenti, perché così si tiene vivo l’interesse.
E’ stata una benevola “sportellata in testa”. Ci hai invitato ad aprire la tenda, come fosse un sipario per passare nel nostro altro mondo.
Purtroppo i luoghi di aggregazione che saranno chiusi, anche perché sempre meno frequentati, rischiano di non essere sostituiti con altri spazi culturali o d’incontro, magari più adeguati ai nostri giorni e ai nostri giovani.
La parte più bella che ho letto nel brano è proprio il tuo “amarcord”.
Dovremmo cercare tutti noi, insieme agli altri, di realizzare luoghi dove riuscire ancora a viaggiare nel tempo, sognare e coltivare amori e amicizie !
Io la penso così.
Caspita Valter… era quello il titolo che dovevo dare… La sportellata in testa… 🙂
L’amore per i libri lo condivido pienamente, lo sai. Anzi, credo di avere sviluppato nel tempo una vera e propria dipendenza.
Non tanto e non solo per l’oggetto libro, quanto per l’accumulazione delle letture, del sapere.
È un po’ di tempo che non sono più sicuro che questa sia la strada migliore.
Comunque, nonostante questo, continuo a leggere, imperterrito.
Comincio semmai ad apprezzare di più una scrittura meno elaborata, meno “pensata”, più intuitiva. Una scrittura più legata alla vita.
Un po’ come quella che si può leggere nel tuo intervento.