In coincidenza con le festività francescane sono a divulgare per il nostro piccolo gruppo qualche nota e citazione da un testo che ho comprato in un mercatino antiquario: L’Italia Francescana. Nel settimo centenario della morte di S. Francesco, Tipografia Porziuncola, Santa Maria Degli Angeli 1927. Ho letto con grande interesse questo libro e mi riservavo di studiare più approfonditamente la lettura di Francesco fatta dalla retorica fascista. Prima o poi spero che lo farò.
Mi limito qui a qualche cenno sul libro che è pieno di macchie di muffa e ha un paio di pagine mancanti perché strappate (credo fossero riproduzioni di illustrazioni a incisione). Piuttosto che lasciarlo invecchiare senza farne parola, metto in comune qualche passaggio e abbozzo di riflessione con voi. Altri dei tanti scritti e studi francescani sono per tutti più famosi e noti, questo trovato dal rigattiere mi ha attirato appunto per l’impostazione fascista che non è quella della versione oleografica né storico filologica, né spirituale. L’epoca, e il tono sono quelli trionfali e dalle tinte da avanguardia futurista. L’impressione che mi ha suscitato questa lettura è stata notevole. Non è passato molto tempo dall’inizio di quel ventennio né ci suona così estranea quella retorica baldanzosa e smargiassa del primo fascismo che impone i suoi eponimi e epiteti anche al discorso introduttivo del volume firmato da Pius Papa XI (in procinto di siglare di lì a poco i Patti Lateranensi). E’ lui a parlare del neo eletto patrono d’Italia chiamandolo “Il primo gerarca e direttore (…), istitutore dei Minori e di costoro educatore a santità e duce (parole prese in prestito da un discorso di Padre Antonio Tognocchi da Terrinca).
Il santo, esaltato come umbro e toscano nel segno di come in lui si vada conciliando alla nazionalità il regionalismo, diventa l’emblema delle terre d’Umbria e Etruria. Quella che prosperò giovenilmente sempre, la Toscana serafica, grazie a Francesco nostro, vigoreggia ancora. Ché memorie e glorie non si vollero accademicamente commermorare; ma si vogliono rivivere in gesta, fatti, propositi di emulatrice modestia.
Segue, e non poteva mancare, l’introduzione di Mussolini che esalta Francesco Restauratore della religione di Cristo dopo Dante poeta, Colombo navigatore e Leonardo artista-inventore. Perché insieme con l’altezza dell’ingegno e del carattere, sono della nostra gente la semplicità dello spirito, l’ardore delle conquiste ideali, e, ove occorra, la virtù della rinunzia e del sacrificio (sempre buona da ricordare alle genti appunto).
Ce n’è anche contro la democrazia, il nazionalismo e il confronto interculturale. Andando avanti nella lettura del libro si incontra l’articolo firmato nella prima parte con le sole iniziali P.L.B e nella parte finale da Pietro Misciattelli. che, tanto per cambiare, intende sfatare un vecchio pregiudizio su l’uomo. Nella sua splendida povertà Francesco fu essenzialmente un santo antidemocratico (…) chiarendo che per democrazia ci si rifà a quei mortalissimi principi del 1789. Nessuno ebbe più forte di lui il sentimento della disciplina verso le superiori gerarchie. L’obbedienza di Francesco è la prima delle virtù cristiane e secondo le parole di Sabatier, la si deve a un superiore come se fosse un santo anche quando non lo fosse.
Infine sono sotto attacco gli studi francescani dei Paesi anglosassoni e protestanti e la società moderna che pretende di poter vivere di una mistica democratica e di sostenersi con le leggi di una morale laica.(…) Santo eminentemente italiano, il Poverello, ci invita ad essere italianamente cattolici di fede e di pensiero: a non indulgere, soprattutto, alle false ideologie straniere, che da più di un secolo a questa parte annebbiarono il cervello della nostra Nazione.
Se, come dice Franco Cardini, c’è un San Francesco per tutte le stagioni, questo è un piccolo saggio di quello della stagione fascista.
NOTE
Varie citazioni dalle prime pagine del libro
Paul Sabatier, fondatore della Società Internazionale di Studi Francescani.
Un mio appunto che salta fuori dal libro dice “Mi risulta un Pietro Misciattelli studente nel collegio gesuita di Modragone nel 1882. Non so se sia lo stesso”. Avevo iniziato qualche ricerca, lasciata poi in sospeso.
Immagine: piastrella votiva dal Santuario della Madonna dei Bagni, Casalina, provincia di Perugia, 1926
Interessante…ti invito a praseguire la tua indagine anche se ogni volta mi domando con meraviglia dove lo trovi il tempo di fare quanto e come lo fai! Sei un essere dianmico e straordinariamente curioso: hai un po’ l’istinto dello storico e sai che genere di colplimento ti ho fatto! Lo storico è un po’ come l’orco delle favole: dove sente odore di umanità si tuffa!!! Stando all’emerito mio collega Marc Bloch.
Il complimento fatto da te che sei una storica e che io apprezzo, infatti, mi lusinga molto. Nei miei anni universitari quando mi tuffavo alla biblioteca vaticana con un permesso temporaneo personale scritto dal mio professore di archeologia cristiana, mi affascinava l’idea di diventare uno storico, magari uno storico dell’arte. A posteriori, vista la scarsa considerazione nonché remunerazione che il nostro Paese offre a chi studia, devo dire che sono contenta di essermi messa a fare la guida turistica ancora prima dell’insegnante. Paga e ti obbliga a chiederti quanto sai di quel che vai a raccontare… se non sai spiegare una cosa non la sai abbastanza. Inoltre mi sono abituata alla curiosità, la gente è curiosa, tanto più è lontana dai nostri campi di indagini quanto più è curiosa. Fa domande e tutte le domande sono pensieri laterali, punti di vista altri che fanno riflettere e aggiungono curiosità a curiosità. Sai sempre di non sapere, ma ti stupisci e ti fai domande nuove su cose sempre antiche che per te possono essere diventate routine, così come a forza di incontrare persone con caratteristiche che si possono riportare in qualche modo a tipi (sociologicamente parlando) a volte sai anche prevedere le domande e le perplessità e le curiosità specifiche per provenienza socioculturale, etnica e così via.
Mi piace. E’ stata una scuola, forse anche migliore che andar solo per biblioteche a attingere dai libri. Per anni io e i miei colleghi guide turistiche ci siamo aggiornati passandoci le informazioni a voce tra noi o attraverso la lectio brevis dello storico o dello specialista, quasi sempre, l’abbiamo ridotta e adattata alla divulgazione quella lezione. Molta della nostra formazione è passata attraverso il discepolato orale di antica memoria e che per forza di lavoro sulla memoria doveva far conto. No, credo che ormai lo storico non lo farò, me ne verranno ancora i guizzi, ma il mio taglio è ormai divulgativo. E’ andata così e non è andata poi tanto male. Se avessi tempo e soldi mi iscriverei a sociologia e magari anche a psicologia, chissà se un giorno lo farò….
Comunque il tuo complimento lo metto nella cornice del curriculum tra quel che vale di più anche se non si spende tra i titoli, ti ringrazio.
Ogni epoca ha la sua retorica. Oggi san Francesco viene dipinto o come un rivoluzionario frikkettone o come un buonista pacifista tollerantista.
Sì in effetti ogni epoca ha le sue retoriche, a me interessa quella fascista sul fenomeno francescano, in questo post.
Per evitare di cadere in facili retoriche bisognerebbe fare un po’ il lavoro degli storici e avere la modestia di riconoscere che di altre epoche sapiamo meno di quanto crediamo e siamo sempre tentati, credo anche i più dotti, di applicare le nostre categorie quando non facciamo di peggio andando a strumentalizzare gli elementi di conoscenza che abbiamo.