Questo è un articolo fatto in connessione con una pratica yoga che avevo proposto in un incontro a Perugia alcuni anni fa.
Forse è un punto di vista diverso da quello di Marco, più nell’ambito del simbolismo delle varie religioni del mondo antico, però mi sembrava attinente ad acuni articoli da voi postati
Per me la consapevolezza del contatto con la terra, la sensazione fisica del radicamento a terra sono fonti di energia a cui ricorro nei momenti difficili. La dea madre docet……
La Dea madre:
la vita più potente della morte
Nel corso degli anni passati all’Università a studiare le civiltà antiche spesso mi sono imbattuta in racconti mitologici, in cui avvertivo il forte significato simbolico, senza però comprenderlo a fondo. Usavo il pensiero razionale per capirli, ma quello era l’unico strumento che conoscevo bene allora.
Durante gli anni di pratica e di frequenza della Scuola di Yoga Mandala di Roma ho sviluppato maggiormente l’intuizione e la capacità di entrare in contatto con gli elementi naturali, facendo yoga all’aria aperta e sentendo l’energia dell’aria, della terra, del sole.
I popoli antichi creavano i miti in cui erano presenti questi elementi come divinità senza forma umana, come preesistenti alla creazione del mondo, eppure con un potere grande anche sulle persone: così l’elemento terra ‘entrava’ nel corpo energetico umano nel primo centro di energia, il muladhara, l’acqua nel secondo chakra, svadhisthana, il fuoco nel terzo chakra, manipura, l’aria nel quarto chakra, anahata e l’etere nel quinto chakra, vishuddha, e il corpo stesso aveva in sé elementi sia materiali che spirituali partendo dal basso verso l’alto.
Rileggendo i miti ho cominciato a comprenderli con l’intuizione e l’esperienza fisica di contatto con gli elementi naturali, simbolici presenti nei miti.
In particolare mi colpiva l’aspetto primordiale pre-esistente alle religioni codificate e la Dea Madre rappresenta bene ciò: nei miti di creazione del mondo è il “tutto unito” prima della separazione del Cielo dalla Terra.
Il contatto con la terra per me è ricongiungermi con le radici più profonde, di qui l’amore per il passato, per le tradizioni più antiche.
Perché La Dea Madre? Rappresenta l’archetipo della figura materna che ognuno di noi si è formato secondo il modello offerto in famiglia e fuori, nella società, secondo i propri personali vissuti e la relazione specifica con la propria madre.
Ho scelto la chiave interpretativa degli psicologi del profondo, come E. Neumann, allievo di C.G.Jung, per comprendere i miti e i simboli relativi alla Grande Madre, proprio perché trovavo una connessione tra i miti ed un’esperienza interiore vissuta.
LA DEA CHE CONTIENE MASCHILE E FEMMINILE : CAOS : UROBOROS
In un mito della Polinesia la Dea è vista come creatrice dell’Universo, origine di ogni cosa, in un momento in cui ancora tutto era unito e non c’erano il “maschile e il “femminile”.
La Dea crea gli Dèi strappandosi membra dal suo corpo: così genera Vatea, il padre degli dèi e degli uomini, poi dà origine ad altri dèi chiamati a presiedere le sorti di terre e mari. Vatea sposa una donna e genera cinque dèi, che a loro volta ne generarono altri….
In questo mito la Dea ha nel suo grembo le due polarità, maschile e femminile che in altre culture corrispondono a “spirito” e “natura”:
In seguito la coscienza umana ha separato questi due elementi, attribuendo al Cielo, lo spirito, tutto ciò che è superiore, leggero, chiaro, maschile, attivo, incorporeo, e alla Terra, la natura, tutto ciò che è inferiore, pesante, scuro, femminile, passivo, corporeo, materiale.
La Terra, come Dea Madre, a sua volta, ha un aspetto duplice: vita e morte convivono, nella dea della preistoria e dei periodi successivi: così come in natura la vegetazione nasce, muore e rinasce in primavera.
La Dea come un tutt’uno prima che fosse separato il cielo dalla terra ci fa pensare all’Uròboros, antico simbolo egiziano, che è il SERPENTE CIRCOLARE, IL DRAGO ORIGINARIO CHE SI MORDE LA CODA, l’AUTOGENERANTE, QUELLO CHE UCCIDE SE STESSO, SPOSA SE STESSO, E FECONDA SE STESSO è IL ROTONDO, IL GREMBO PRIMITIVO, L’UTERO MATERNO:
è/ uomo e donna / genera e concepisce / divora e partorisce/ è attivo e passivo/ è sopra e sotto contemporaneamente/
Così descrive questo simbolo Erich Neumann, allievo di Jung .
Il carattere universale della Dea Madre si trova in molte culture del mondo soprattutto nelle civiltà preistoriche europee: chi non ricorda le statuine in pietra rappresentanti una donna con i fianchi esageratamente larghi o i seni prominenti trovate in moltissimi siti paleolitici per un raggio di oltre 3.000 km: tra i Pirenei a occidente e la Siberia a oriente. In Europa la maggior parte di esse è stata trovata in Francia, Germania, Cecoslovacchia, Italia e Ucraina. La datazione è tra il 33.000 e il 9.000 avanti Cristo.
Marija Gimbutas autrice del libro “Il linguaggio della Dea “, ha raccolto moltissime di queste statuine classificandole secondo gli aspetti simbolici e citando le varie interpretazioni date.
Ecco alcuni pareri di studiosi su queste “Veneri mostruose”:
esse simboleggiano:
Secondo uno studioso le “Veneri” esprimono una visione simbolica della femminilità e quindi sia la “madre” che “l’amante”.
Secondo Marija Gimbutas le “Veneri” esprimono vari aspetti della Dea creatrice, e secondo un’altra studiosa, Riane Eisler testimoniano una cultura, la paleolitica, basata sulla predominanza della figura della donna.
Esaminiamo l’immagine quasi mostruosa della “Venere” paleolitica: la grande vulva, il ventre gravido, i seni esagerati, e la schematicità del resto del corpo: la testa non ha importanza e se c’è raramente ha connotati umani, mani e braccia sono di dimensioni ridotte e i piedi sono importanti solo come sostegni o puntelli.
Dalle varie posture delle immagini femminili e il loro collegamento con certi segni simbolici e con certi luoghi di culto si evidenziano aspetti della Dea riconducibili a due concetti:
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DARE LA VITA, PROMUOVERE LA VITA E LA RINASCITA = rappresentazioni di una VULVA ( la parte per il tutto) che è simbolo di ogni nascita che avviene in natura: il germogliare delle piante, il germinare del seme, la primavera, il ritorno della vita.
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DARE LA VITA E RIPRENDERSI LA VITA O MORTE immagini della dea con i seni, che dispensa vita e nutrimento, scolpita sui lastroni di certe tombe megalitiche, ci fa pensare che era anche dea della morte, che determinava la lunghezza della vita degli esseri umani.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato 2 sistemi religiosi: fino al 4.500 a.C. dominazione religiosa femminile e organizzazione sociale matrifocale, poi con l’invasione dei popoli indoeuropei ( dal 4.500 al 2.500 a.C.) prevalgono gli dèi maschili con un’organizzazione sociale maschile.
I due sistemi si fusero e sopravvissero nei miti: così rimangono gli aspetti della Dea Creatrice. In molte credenze, favole e filastrocche dei popoli europei le immagini femminili mitiche ripropongono certe caratteristiche della Dea preistorica della VITA, della MORTE, della RINASCITA: vedi le slave Baba Jaga e Paraskeva-Pjatnitsa, le irlandesi Machas, Morrigan o Queen Medb… e così via.
Le dee del Fato, Norne, ( che distribuiscono), Moire ( che dispensano), e Parche (che riprendono) risalgono alla Venere preistorica, e non alla cultura indoeuropea. Il carattere originario della Dea Madre si ritrova nelle divinità femminili dei tempi storici, come Iside in Egitto, Ishtar in Mesopotamia, Demetra in Grecia, e, in epoca più tarda, la Magna Mater a Roma e la Vergine Maria presso i cattolici.
Nella civiltà preindoeuropea, quella minoica di Creta, ( 1.600 a.C. circa) a discendenza matrilineare, pacifica, il potere era visto come ” la capacità di creare e di mantenere la vita, era potere di e non potere su: il potere di illuminare e di trasformare la coscienza umana ( e con essa la realtà).
LA DEA MADRE LEGATA ALL’ELEMENTO TERRA – FERTILITA’
In Grecia, Demetra, la dea materna, rappresentava la terra, non in quanto elemento primordiale, ma come “terra coltivata” . La terra è la dimora dei morti, ma è anche la riserva inesauribile di semi che germogliano e sono fonte di vita.
Demetra riceve i morti come accoglie i semi, ed è per questo che una tradizione molto antica ricorda che si offrivano sacrifici ai morti, pregandoli di far germogliare sulla terra “le buone cose”, nella convinzione che i sepolti dessero il nutrimento ai vivi, favorendo la crescita delle piante.
In Mesopotamia vi è il mito di Inanna e Dumuzi: Inanna dea dell’amore e della fertilità, muore negli Inferi, e viene resuscitata dall’acqua della vita dal dio Enki: ma deve trovare un sostituto, il suo sposo Dumuzi, il pastore perché nessunopuòuscire dagli Inferi : il mito si colloca nel paradigma dei riti agrari:la morte della vegetazione durante la stagione invernale e la susseguente rinascita in primavera, simboleggiata dalla morte e resurrezione di Inanna.
Analogalmente Demetra si alterna con la figlia Persefone agli Inferi.
FEMMINILE – TERRA – INCONSCIO
Erich Neumann., parlando dell’archetipo della Terra nella psicologia del profondo, dice che “la terra è la madre oscura di ciò che vive, il suo ventre partorisce ogni essere vivente, ma in quanto madre terribile, la Grande Madre divora e si riprende impietosamente tutto quanto ha generato. Il suo ventre mortale è l’abisso divorante dell’oscurità ; sepolcro, sarcofago carnivoro, inferno e mondo sotterraneo, esso è l’interno della terra, l’oscuro baratro di tutto ciò che vive”.
Scendere nelle profondità della terra è scendere nel proprio inconscio.
La terra quindi rappresenta l’inconscio incontrollabile: è il mondo affettivo degli istinti e delle emozioni, la forza esuberante del caotico, del diabolico, del profondo dell’uomo.
Nel viaggio agli Inferi ( leggi: viaggio nell’inconscio) l’eroe simboleggia la coscienza e la Madre terribile rappresenta l’inconscio,così come nella pratica Yoga si può attivare il primo chakra localizzato nel perineo, e legato all’elemento terra, alla sopravvivenza, agli istinti primari dell’essere umano, avendo attivato prima il terzo occhio, scendendo così consapevolmente nel mondo del primo chakra. ( leggi: gli Inferi).
L’uomo occidentale, con la sua formazione scientifica, considera l’esperienza dei simboli e delle immagini archetipiche un residuo arcaico da tempo superato: quindi non parlerà di Cielo e Terra, ma di Spirito e Natura . Lo psicologo del profondo che considera l’esperienza archetipica valida umanamente, si pone la domanda di come mai possano convivere nell’uomo due immagini archetipiche opposte, Cielo e Terra mentre l’archetipo ha un carattere unitario.
L’archetipo appartiene tanto alla psiche che sperimenta quanto alla realtà del mondo, che è da conoscere.
Nel corso della storia cambia la visione dell’archetipo terra.
Nel Medioevo esso era negativo, in quanto la femmina era legata al modo istintuale di cui la sessualità è simbolo ed era in contrapposizione all’archetipo cielo (elemento maschile) legato invece al mondo spirituale, positivo, alla Coscienza.
Ma nel Rinascimento le cose cambiano: basta vedere le opere di Bosch e di Leonardo da Vinci, entrambi nati intorno al 1.450: Bosch è rivolto al passato, immerso nei valori del Medioevo, sommerso e posseduto dalle forze negativo-demoniache della terra, Leonardo rivolto al futuro, esprime la bellezza della terra e del suo nuovo spirito: con la liberazione e spiritualizzazione dell’archetipo della terra si libera anche l’elemento femminile che rivela il suo volto creativo e spirituale. Per Leonardo la terra è intesa come “madre natura che non ti abbandona”.